Translate

domenica 27 luglio 2008

Ricordando Vladimir Horowitz


Vladimir Horowitz


Il primo ottobre 1903 nasceva Vladimir Horowitz, uno dei più grandi pianisti mai esistiti. 

Nacque in Ucraina nella cui capitale, Kiev, crebbe e studiò. Ma chi è per noi Vladimir Horowitz? 

Per l'uomo del XXI secolo ricordare e parlare di persone nate cento anni prima, cioè in un'epoca molto più vicina all'Ottocento, con tutto il suo gusto di cose vecchie e ormai tramontate, può sembrare o tempo perso o un modo leggermente snobistico di distinguersi dalla banalità delle migliaia di discorsi futili e superficiali che sentiamo quotidianamente alla televisione od alla radio. 

Ma, come dice Seneca nelle Lettere a Lucilio: «... I progressi ottenuti con gli ammaestramenti sono lenti, quelli invece ottenuti con esempi concreti sono più immediati ed efficaci...»; ricordando l'esempio che ci ha lasciato Horowitz l'uomo moderno può in brevissimo tempo recuperare lo spirito di un tempo lontano, quello dei nostri nonni e dei loro padri, percepire uno slancio in grado di riprodurre, con il suo strumento, i drammi, le gioie, le alterne vicissitudini dell'umanità di ogni tempo e le sue infinite emozioni, ed infine, capire a quali vette può arrivare la vera Arte. 

Chi ha ascoltato sin dalle tenera età le incisioni discografiche ed ha avuto la fortuna di vedere i pochi documenti video esistenti di questo eccelso pianista, sa che queste parole non sono vuota retorica. 

Fin dai suoi esordi Vladimir Horowitz esercitò sul pubblico che assisteva alle sue interpretazioni un magnetismo, un carisma ed un fascino che non erano riscontrabili nella stragrande maggioranza dei suoi colleghi. In altre parole egli ebbe quel dono che la natura concede a pochi esseri umani; come per esempio a Maria Callas nel canto lirico, ad Arturo Toscanini nella direzione d'orchestra od a Nathan Milstein fra i violinisti (solo per citare alcuni nomi). La vita artistica del Nostro fu caratterizzata da incontri e frequentazioni di personalità illustri del mondo della musica, delle arti figurative e delle lettere. Già da piccolo ebbe un incontro, grazie allo zio, con il grande compositore russo Alexander Skrjabin. Da quest'ultimo il pianista undicenne fu ascoltato e accomiatato dalle parole che lo stesso Horowitz ricorda: «dovevo diventare una persona colta. C'erano, disse, molti pianisti, ma pochi di loro erano persone colte». 

Le parole di Skrjabin lo influenzarono per tutta la vita. L'ultimo maestro di Horowitz, dal 1919, fu Felix Blumenfeld, pianista virtuoso, compositore e direttore d'orchestra (a Parigi Toscanini lo aveva visto dirigere il «Boris Godunov» di Mussorgsky e ne era rimasto impressionato!). Blumenfed fu, come pianista, allievo di Anton Rubinstein e di Nikolaj Rimskj-Korsakov come compositore. Già da queste notizie si può capire in un istante quale tipo di eredità musicale ricevette in linea diretta Horowitz, visto che in musica come nelle altre arti nulla ha più importanza ed influenza del rapporto maestro-allievo. 

Nel drammatico periodo successivo all'entrata in guerra della Russia (1914) e della Rivoluzione d'Ottobre (1917), la vita del giovane pianista, come quella di molti altri artisti suoi conterranei, fu scossa profondamente. 

La rivoluzione in Ucraina arrivò più tardi e, come dice Horowitz stesso: «quando i bolscevichi arrivarono a Kiev rubavano, volevano violentare le donne, vennero a casa nostra e buttarono dalla finestra il pianoforte. Tutta la casa fu messa a soqquadro, libri, musica, mobili, tutto.». 

Da quel momento il diciassettenne Vladimir (detto familiarmente Volodia) cominciò la sua carriera concertistica, prima nella nativa Ucraina e poi in Russia. Fu in quel periodo che strinse una grande amicizia con il magnifico violinista Natan Milstein, praticamente suo coetaneo. La sua fama cominciò a spargersi velocemente; arrivato in Europa Occidentale, prima in Germania, e poi in Francia (a Parigi),  divenne ben presto l'idolo di tutte le platee, grazie sia alla sua bravura interpretativa sia alla sua figura: snello, pallido, ma dotato di una fortissima attrattiva. Nel 1928 andò in America ed ivi rimase fino alla morte. In quel continente erano emigrati molti altri artisti europei, fra cui l'eccelso pianista-compositore Sergej Rachmaninov, con il quale condivise il rapporto di amicizia forse più importante della sua vita. Le collaborazioni artistiche con i più grandi direttori d'orchestra del suo tempo lo portarono ad incontrare anche colui che fra di essi era considerato un vero mito vivente, capace di suscitare soggezione  e venerazione in chiunque: Arturo Toscanini. Horowitz ne sposò la figli Wanda e con lei visse fino all'ultimo dei suoi giorni. Wanda fu una donna capace di capire e sostenere veramente suo marito, anche in momenti drammatici, visto che ebbero il grande dramma di vedere morire, nel 1975, l'unica figlia, Sonia. 

La carriera concertistica di «Volodia» fu segnata da alcune interruzioni determinate da vari fattori, non ultimo fra i quali l'enorme stress a cui era sottoposto con i continui viaggi nel continente americano per le sue tournèes. La pausa più lunga fu quella di dodici anni, fra 1953 e il 1965. Ma dopo il suo storico ritorno alle scene con il mitico concerto del nove maggio 1965 alla Carnegie Hall di New York, conobbe una nuova grande stagione nella sua vita artistica che si concluse solo con la morte, e che lo portò ad esibirsi anche alla Casa Bianca di fronte al presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter e a Londra davanti al Principe Carlo d'Inghilterra e Lady Diana.

Horowitz cessò di vivere improvvisamente il 5 novembre 1989, quattro giorni prima del crollo del Muro di Berlino. Egli è sepolto nel Cimitero Monumentale di Milano, nella tomba di famiglia dei Toscanini. 

Con lui tramontò un'epoca di cui, sicuramente, non possiamo più vivere e condividere gli stessi valori ed ideali estetici, ma di cui possiamo serbare comunque il più vivo ricordo per esserne ispirati e per ereditare ciò che può infondere nuova linfa vitale ai valori ed agli ideali, forse, impoveriti del nostro secolo appena iniziato.

    

Scritto in collaborazione con Alberto Bruni per il 100° anniversario della nascita di Vladimir Horowitz


lunedì 21 luglio 2008

Tre grandi virtuosi in concerto: Dupré, Langlais e Demessieux








Ancora dagli archivi della NCRV, sezione  Orgelconcerten, proponiamo tre rare registrazioni storiche.



1958 / Jeanne Demessieux speelt composities van Demessieux op het Seifert-orgel in de Immanuelkerk te Maassluis.



1961 / Marcel Dupré speelt composities van Bach, Franck en Dupré op het Cavaillé-Coll-orgel in de St. Sulpice te Parijs.



1965 / Jean Langlais speelt composities van Bach en Langlais op het Vater-orgel in de Oude Kerk te Amsterdam.


martedì 15 luglio 2008

1953, tre grandi organisti impegnati nel Concorso di improvvisazione ad Haarlem (NL)





Dagli archivi della NCRV, sezione  Orgelconcerten, proponiamo tre rare registrazioni storiche:
Anton Heiller (1923-1979), Piet Kee (1927) e Karl Richter (1926-1981) in gara al Concorso d'Improvvisazione ad Haarlem nel 1953.



1953 / Anton Heiller improviseert tijdens het Internationaal Improvisatieconcours thema's van Engels op het Müller-orgel in de Grote of Sint-Bavokerk te Haarlem.


1953 / Piet Kee improviseert tijdens het Internationaal Improvisatieconcours op thema's van Engels op het Müller-orgel in de Grote of Sint-Bavokerk te Haarlem.



1953 / Karl Richter improviseert tijdens het Internationaal Improvisatieconcours thema's van Engels op het Müller-orgel in de Grote of Sint-Bavokerk te Haarlem.


lunedì 14 luglio 2008

Appunti sul Cecilianesimo cremonese


Stefano Maderno, Santa Cecilia

(Roma, Santa Cecilia in Trastevere)


La riforma della musica sacra in Italia, sancita il 22 novembre 1903 con il Motu Proprio di San Pio X, ha fatto si che la musica sino ad allora eseguita in chiesa venisse spogliata della sua veste mondana, permeata dal gusto operistico di stampo melodrammatico, e ritornasse ad essere d’ispirazione autenticamente liturgica. Il rifiorire del canto gregoriano e della polifonia cinquecentesca di Scuola romana sono tra gli aspetti più importanti del Cecilianesimo

Messe da parte le composizioni paraoperistiche alla Padre Davide da Bergamo e gli organi-banda di Lingiardi e Serassi; la nuova schiera di autori ceciliani incominciò sempre più a prendere posto all’interno liturgia riformata. Filippo Capocci, Oreste Ravanello, Luigi Bottazzo, Lorenzo Perosi, Marco Enrico Bossi, solo per citarne alcuni, sono stati tra i personaggi più prestigiosi del Cecilianesimo italiano. 


Ma, anche Federico Caudana, Vincenzo Germani, Antonio Concesa e Battista Restelli  diedero il loro apporto alla Riforma Ceciliana, operando con impegno a Cremona. 


Per quanto concerne la vita e le opere di Federico Caudana si veda il post di mercoledì 7 maggio 2008.


Vincenzo Germani (di cui quest'anno ricorre il 50° della sua scomparsa), organista e direttore, nacque a Cividale Mantovano il 15 agosto del 1894. Compì i primi studi musicali sotto la guida del maestro viadanese Cesare Manghi, passò poi alla scuola musicale di Federico Caudana a Cremona ed in seguito si perfezionò con il grande virtuoso d’organo Ulisse Matthey. Grazie all’impulso dinamico fornitogli da Matthey si dedicò costantemente allo studio, non solo della musica di Bach, ma anche di Franck, Guilmant, Dubois, Widor e Bossi, nonché alla trascrizione organistica. Egli ricoprì la carica di organista, dal 1915 al 1923, presso il Duomo di Casalmaggiore, successivamente divenne organista titolare delle chiese di Sant’Agata e San Luca in Cremona, incarico che mantenne sino alla morte. In entrambe le chiese egli ebbe la possibilità di suonare i prestigiosi strumenti costruiti da Giuseppe Rotelli. Vincenzo Germani si spense prematuramente il 13 ottobre 1958. 


Antonio Concesa nacque a Soncino il 17 gennaio 1905. Il vescovo di Cremona, Giovanni Cazzani, lo ordinò sacerdote nel giugno del 1927. Studiò a Roma dove respirò l’afflato mistico della polifonia palestriniana filtrata attraverso la sapiente penna di Lorenzo Perosi, ed ottenne la licenza di canto gregoriano. Divenne in seguito professore di musica presso il Seminario di Cremona, dove vi rimase sino al 1956. Egli fu particolarmente apprezzato, oltre che per le proprie composizioni, per la sua grande perizia nel suonare l’organo. Nel 1963 ritornò a Soncino, dove l’8 agosto 1967 si spense prematuramente. Fu maestro ed amico di Battista Restelli, al quale dedicò alcune sue opere. 


Restelli nacque a Soncino l’8 ottobre 1913, entrò giovanissimo in Seminario e si distinse presto per la sua grande passione musicale. Concesa guidò i suoi primi passi, mentre Caudana lo accolse come allievo prediletto, apprezzandone il talento musicale (paricolarmente significativa del rapporto di stima reciproca tra i due musicisti è la Fuga a 3 voci per organo su tema di Federico Caudana). Fu ordinato sacerdote il 22 maggio 1937. Per quindici anni fu inviato come coadiutore in diverse parrocchie cremonesi, nel 1952 divenne parroco di San Pietro Apostolo in Soncino, dove rimase sino alla morte sopraggiunta il 4 febbraio 2001. Dal 1952 al 1995 Restelli ricoprì l’incarico di direttore del Coro San Bernardino di Soncino, sfornando una messe di musiche di grande maestria sia armonica che melodica, nonché perizia sia timbrica che coloristica. 

lunedì 7 luglio 2008

Ricordando i mandolinisti di Cremona



I primi documenti che testimoniano la presenza del mandolino a Cremona sono costituiti dai disegni, forme e modelli provenienti dalla bottega del celeberrimo liutaio Antonio Stradivari  (1644-1737). Pare verosimile ipotizzare che tali strumenti trovassero la loro propria collocazione presso i «nobili dilettanti» di mandola e mandolino del Ducato di Milano, Repubblica Veneta, Regno di Sardegna e Stato Pontificio. Il primo manuale didattico per mandolino in lingua tedesca Anweisung fur die mandoline für kennen zu leren (Lipsia, 1805) di Bartolomeo Bortolazzi (1772-1820) fornisce addirittura la definizione di «mandolino cremonese o bresciano»


Ma, solamente verso la fine del XIX secolo il mandolino trova in Cremona il proprio centro di irradiazione musicale. Per circa cinquant’anni i mandolinisti cremonesi del Circolo Filodrammatici hanno rappresentato uno dei massimi livelli artistici, vincendo tutti i concorsi per orchestre a plettro in Italia e nel mondo; come rivela oggi un’ampia documentazione oggi conservata presso l’archivio della Società Filodrammatica Cremonese


Le figure di musicisti come Giovanni Francesco Poli, Michele D’Alessandro, i fratelli Giuseppe ed Ettore Denti, i fratelli Pietro, Giovanni ed Ettore Feroldi, Oreste Riva, Andrea Gnaga, Umberto Sterzati, Giuseppe Anelli, Giovanni Vailati, le associazioni come il Circolo mandolinisti e mandoliniste Filodrammatici, il Circolo mandolinistico Euterpe, il Circolo mandolinistico giovanile, l’Orchestra a plettro G. F. Poli, il Circolo mandolinistico del Zaccaria, l’Estudiantina di Casalmaggiore, il Quartetto a plettro di Castelleone, il Circolo mandolinisti di Crema, costituiscono solo una parte di quell’immenso patrimonio musicale cremonese. 


Cremona, almeno sino al secondo Dopoguerra, è sempre stata al centro di forti fermenti culturali, nella fattispecie musicali. Pensiamo, oltre che alla liuteria, al teatro dell’opera, alla banda, ai mandolinisti, ai fisarmonicisti, alla fiorente attività organaria ed organistica, al pianoforte.