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domenica 26 ottobre 2008

L'organico vocale da impiegare per l'esecuzione della musica corale di Johann Sebastian Bach: a parti reali o con raddoppi? (4)



Wolff puntualizza, infine, che è impossibile sapere con precisione quante forze Bach avesse a disposizione per l'esecuzione delle sue opere corali (ad esempio la Messa in si minore). Rifkin asserisce che l'esistenza delle sole parti staccate dimostrerebbe un'esecuzione solistica della musica corale, poiché i «ripienisti» non saprebbero quando entrare; ed effettivamente le parti in «ripieno» non sono segnate nella parte dei «soli», prova anche questa che ciascun cantore leggeva da una propria parte. Ma, è verosimile che Bach avesse in mente di usare i solisti (naturalmente oltre che nelle arie e nei recitativi) specialmente nell'esposizione delle sezioni fugate di un coro (senza strumenti obbligati); i «ripienisti» si sarebbero aggiunti nelle sezioni a piena massa.


La questione rimane, e penso rimarrà, ancora aperta; ma le argomentazioni di Rifkin, condivisibili oppure no, hanno il pregio di basarsi sull'analisi sistematica testimoni musicali originali. 


Altro punto in favore di Rifkin è che, dopo aver condotto un serio lavoro filologico ed aver prodotto un'edizione critica dettagliata (come, appunto, quella della Messa in si minore) egli non pretende di “catechizzare” l'esecutore circa il numero dei cantanti, l'organico strumentale, il tipo di strumenti, l'impostazione della voce e quant'altro. La sua sola pretesa è quella di aver fornito un testo musicale il più possibile corretto, il lavoro filologico riguarda solo il testo (la sua genesi, la sua storia sino ad arrivare alla versione d'ultima mano, d'autore); l'esecutore è liberissimo di fare ciò che vuole, purché sia consapevole da dove stia leggendo e cosa stia facendo.


E' assolutamente vero che certi problemi di natura esecutiva si risolvevano, e si risolvono tuttora, in sede pratica. Vale a dire: il possibile sostegno di una parte del canto con il raddoppio di essa da parte dell'organo (magari, col pedale, si poteva sostenere la parte dei bassi; poiché Bach utilizzava l'organo da chiesa, non certo quello positivo impiegato nei concerti e nelle registrazioni discografiche di oggi). Lo squilibrio sonoro tra le trombe e gli archi; errori assolutamente palesi riportati nelle parti staccate; abbassamento o innalzamento del diapason; trasporti del continuo o di altri strumenti; etc. etc.


Ma, l'indagine filologica si basa sulla realtà (aggiungerei sulla verità) del testo musicale e basta; la prassi esecutiva, che è ausiliaria al testo, lo completa con l'atto sonoro vero e proprio, pretenziosamente "storico" oppure no.


[FINE]

domenica 19 ottobre 2008

L'organico vocale da impiegare per l'esecuzione della musica corale di Johann Sebastian Bach: a parti reali o con raddoppi? (3)



All'idea di Rifkin, dapprima appoggiata solo da pochi, oggi si associano illustri nomi tra cui il musicologo John Butt (concorde con Rifkin nel ritenere che il numero dei cantori citato nell'«Entwurf» si riferisce soprattutto all'esecuzione dei mottetti composti dai predecessori di Bach, e nella maggior parte a 8 voci e non a 4 come le Cantate), nonché i direttori Paul Mc Creesh  (che ha recentemente inciso in disco una versione della Passione secondo Matteo totalmente a parti reali) e Sigiswald Kuijken, il quale sta affrontando la    registrazione delle Cantate di Bach, anch'esse impostate a parti reali secondo la tesi di Rifkin.


Naturalmente altri specialisti, altrettanto illustri, concordano invece con l'interpretazione di Schering e Wolff.


Ad esempio le esecuzioni in disco di musica corale bachiana realizzate negli anni Ottanta del secolo scorso da John Eliot Gardiner si rifanno all'idea di utilizzare non più di 4/5 voci per ciascun registro, ivi compreso il solista. Idea sostenuta anche in questi anni, ampiamente riscontrabile dalla registrazione delle Cantate di Bach realizzate nel corso del suo «Pellegrinaggio bachiano».

Anche la registrazione di tutte le Cantate di Bach nella versione di Ton Koopman (intrapresa a metà degli anni Novanta ed attualmente in via di completamento, accompagnata da due volumi ricchi di saggi musicologici sulle Cantate di Bach da periodo di Arnstadt a quello di Lipsia) si basa sull'impiego di un coro con 4 cantori per registro ed un'orchestra ad archi, pressoché a parti reali (più, naturalmente, gli strumenti obbligati).

Koopman più di tutti si è mostrato in contrasto con Rifkin. Egli è  fortemente convinto che la musica di Bach non "funzionerebbe" se non con l'ausilio di un coro di 12/20 elementi, poiché lo status degli allievi della Scuola di San Tommaso era quello di dilettanti (seppur bravi e dotati), non di professionisti. Una esecuzione a parti reali, secondo Koopman, ignorerebbe tale status ed è sconsigliabile, specialmente per l'esecuzione di composizioni come la Messa in si minore.

A ciò aggiunge anche che è storicamente documentato da fonti iconografiche che più di una persona potesse cantare o suonare su una stessa parte (si veda anche l'incisione del Musikalisches Lexikon). Anche le parti di fagotto 1° e 2° scritte simultaneamente su una stessa parte (autografo Messa in si di Dresda, 1733) dimostrerebbero che più strumenti [cantori] potevano leggere da una stessa parte. Per di più, l'esistenza di sole parti singole, non escluderebbe a priori lo smarrimento di altre copie per altri cantori e strumentisti.

Ed è proprio con Koopman che, sia Rifkin sia Parrot, sono entrati in polemica rispondendo alle sue asserzioni con articoli dettagliati pubblicati negli anni Novanta dalla rivista «Early Music». In effetti, le argomentazioni di Koopman appaiono piuttosto generiche rispetto all'indagine filologia condotta da Rifkin sui testimoni originali bachiani (non a caso quest'ultimo ha pubblicato saggi esemplari anche nel «Bach-Jahrbuch»).


[Continua]

domenica 12 ottobre 2008

L'organico vocale da impiegare per l'esecuzione della musica corale di Johann Sebastian Bach: a parti reali o con raddoppi? (2)


      

In questo memorandum, scritto da Bach in reazione delle lamentele espresse sul suo operato, si può leggere circa il numero dei cantori (ma anche degli strumentisti) e la preparazione che essi avrebbero dovuto avere per l'esecuzione della "vecchia" e "nuova" musica presso le quattro chiese di Lipsia. 

Bach dice di avere a disposizioni 55 allievi della Scuola di San Tommaso dei quali 17 non idonei all'esecuzione di musica corale, 20 da perfezionarsi e 17 idonei. 

Per una ben regolata attività musicale occorrerebbero però da 4 a 8 «concertisti» (ovvero solisti per i quattro registri principali: SCTB) ed 8 «ripienisti» (ovvero 2 rinforzi per ciascun registro). 

Ciascuno dei 4 cori dovrebbe, quindi, essere composto da 12 cantori (3 per voce), meglio ancora 16 (4 per voce). 

Da qui l'idea di eseguire la musica corale di Bach con 3/4 persone per registro vocale, ivi compreso il solista per le arie ed i recitativi. Ipotesi abbracciata sia da Arnold Schering (in tempi passati) sia da Wolff (in tempi recenti), cioè 3 cantori per ciascun leggio (parte singola). 


Secondo Wolff, inoltre, l'«Entwurf» avrebbe valore soprattutto per il numero degli strumentisti professionisti richiesti da Bach, almeno 18/20 secondo le esigenze esecutive di musica antica e moderna, nonché di diversi stili e scuole. Tali professionisti, regolarmente stipendiati dal Municipio, avrebbero garantito la sicurezza di una musica ben suonata e preparata. 

Per i cantori, Bach non poteva fare altrimenti che contare sugli allievi della Scuola di San Tommaso, ma per gli strumentisti la questione era diversa. Era indubbiamente meglio lavorare con musicisti professionisti, piuttosto che con sostituti, rimpiazzi od allievi mestieranti (come, invece, era costretto a lavorare Bach presso le chiese di Lipsia). 


Rifkin risponde a coloro i quali citano l'«Entwurf» come fonte incontrovertibile per il rifiuto di una musica corale eseguita a parti reali, spiegando che tale documento secondo la terminologia dell'epoca non si riferirebbe al numero effettivo dei cantori e degli strumentisti per l'esecuzione della musica liturgica di Bach, bensì ad un numero complessivo di forze (un pool, una squadra) da cui il Kantor avrebbe potuto estrarre - a seconda delle esigenze musicali contingenti - tanto i cantori quanto gli strumentisti (soprattutto in considerazione delle possibili, e frequenti, defezioni sia degli uni sia degli altri, causate dalle malattie stagionali).

Tale interpretazione dell'«Entwurf» e l'esistenza di singole parti staccate (per cantori e strumentisti) delle opere corali scritte da Bach a Lipsia (soprattutto le Cantate) sono sostanzialmente i due pilastri su cui si basa la tesi di Rifkin: ogni componente dell'organico vocale-strumentale diretto dal Kantor leggeva da una propria parte e non condivideva, quindi, il leggio con nessuno.

[Continua]

mercoledì 8 ottobre 2008

L'organico vocale da impiegare per l'esecuzione della musica corale di Johann Sebastian Bach: a parti reali o con raddoppi? (1)


       All'inizio degli anni Ottanta del Novecento lo studioso americano Joshua Rifkin portò all'attenzione degli “addetti ai lavori” una propria rivoluzionaria testi riguardante l'esecuzione della musica corale di Johann Sebastian Bach.

Dopo un meticoloso studio compiuto sulle parti autografe utilizzate dagli strumentisti e dai cantori diretti da Bach a Lipsia, Rifkin giunse alla conclusione che il Kantor scrisse le sue Cantate (ma anche la Messa in si minore e la Passione secondo Matteo) non per coro, bensì per solisti.

L'idea di un'esecuzione “a parti reali” della musica per coro di Bach, attirò subito le perplessità di alcuni esperti in materia, come Christoph Wolff.

Rifkin, reduce da un minuzioso studio sui testimoni musicali della Messa in si minore, finalizzato alla registrazione discografica che nel 1981 consegnò ai microfoni dell'etichetta Nonesuch (e che solamente nel 2006 consegnò alla stampa, licenziando una corposa edizione critica della Messa per Breitkopf und Härtel) era ed è tuttora convinto che Bach utilizzasse solamente un cantore solista per registro vocale. 

Ciò lo ha potuto evincere dall'analisi delle parti originali per l'esecuzione di Dresda (1733) recanti in calce l'indicazione «soli»; del tutto assenti sono invece le indicazioni delle parti in «ripieno». 

I «ripienisti», la cui esistenza è suffragata da importanti fonti trattatistiche coeve, come il Musikalisches Lexikon di Johann Gottfried Walther (cugino di Bach), per Rifkin cantavano quasi esclusivamente nei corali conclusivi delle Cantate sacre.

La principale obiezione sollevata nei confronti della teoria di Rifkin (ampiamente abbracciata sin dall'inizio anche da Andrew Parrot, che nel 2004 ha pubblicato un volume dal titolo The essential Bach choir, in cui trova posto un fondamentale contributo di Rifkin) è quella che, se Bach ne avesse avuto l'occasione, avrebbe sicuramente impiegato un organico corale massiccio per l'esecuzione dei suoi lavori corali. 


Prova di tale considerazione è la lettera autografa di Bach (1730) indirizzata al Concilio Municipale di Lipsia, «Entwurf», sull'andamento di una musica sacra-liturgica ben regolata.


[Continua]