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lunedì 18 giugno 2012

Constance Frei, L’Arco sonoro, Articulation et ornementation: les différentes pratiques d’exécution pour violon en Italie au XVIIe siècle



Constance Frei, L’Arco sonoro, Articulation et ornementation: les différentes pratiques d’exécution pour violon en Italie au XVIIe siècle, LIM, Lucca 2011, pp. XXII+636, € 40,00



Si tratta della tesi di dottorato presentata alla Facoltà di Lettere dell'Università di Ginevra – sotto la direzione di Etienne Darbellay – dalla violinista e musicologa svizzera Constance Frei. Un grande «libro della memoria» del violino, come a ragione lo definisce l'estensore della prima delle due prefazioni, lo specialista Enrico Gatti (la seconda è firmata da Luigi Rovighi «padre degli studi sul violino barocco in Italia»).
Attraverso quattro iperarticolati capitoli: La stampa musicale in Italia nel XVII secolo, L'articolazione, L'ornamentazione, Altre pratiche di esecuzione, sovente corredati da pratici e funzionali résumés (sunti). Cui vanno a sommarsi una chiarificatrice introduzione – L'arco sonoro articolazione e ornamentazione: le diverse pratiche esecutive per violino nell'Italia del XVII secolo – e un nutrito apparato critico; Constance Frei consegna agli strumentisti e ai musicologi uno studio sistematico – scaturito dall’analisi accurata di oltre 250 fonti seicentesche, la maggior parte delle quali sono conservate presso la biblioteca del Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna – sull’organologia e sulla prassi esecutiva violinistica del XVII secolo, un'accurata, organica ed esaustiva monografia, senza precedenti.
Tra le molteplici e originali notizie riportate dalla studiosa svizzera ci ha particolarmente colpito scoprire che alcune prescrizioni esecutive stentavano a essere precisate dalle partiture dell'epoca a causa dei limiti imposti dai «caratteri mobili». La simbologia destinata all'articolazione opponeva ostacoli cui i tipografi bolognesi e modenesi faticavano a fornire soddisfacenti soluzioni «per mancanza di caratteri a proposito», come ammetteva Giacomo Monti. I tipografi emiliani parvero meno coscienziosi di alcuni stampatori veneziani del XVI secolo e sposarono soluzioni tecniche più rapide ma palesemente meno precise e non di rado distaccate dal gesto musicale. Queste strategie – forse in parte dettate da ragioni commerciali – se da un lato consentivano di accorciare i tempi di produzione, dall'altro inficiavano le partiture con numerose imprecisioni.
Da questo encomiabile lavoro è stato realizzato anche un filmato di circa tre ore con la partecipazione del violinista Stefano Montanari, che sarà presto disponibile in DVD.

«Giacinto & Vincenzo Calderara e la musica tastieristica Sabauda del XVIII»



Fortepiano, Mario Stefano Tonda

TACTUS TC 720001

Grazie alle ricerche musicologiche di Paolo Cavallo – estensore delle corpose e dettagliate note del libretto – abbiamo la fortuna di poter conoscere un repertorio per tastiera dall’idioma italico – per la precisione sabaudo – di notevole pregio, quasi “insospettabile” direi; poiché così presentato pare proprio non avere nulla da invidiare all’Empfindsamkeit di ben altra origine e associazione semantica.
È il giovane fortepianista – o per dirla alla Rattalino «fortista» – Mario Stefano Tonda a illuminare con estrema eleganza l’estro creativo di alcuni compositori, suoi conterranei, vissuti in pieno settecento, operanti con riconosciuta fama e oggi totalmente obliati. 
In Piemonte – come sappiamo – si affermò una scuola violinistica d’eccellenza: i fratelli Giovanni Battista e Giovanni Lorenzo Somis, Gaetano Pugnani e Giovanni Battista Viotti, quest’ultimo virtuoso di grande talento e compositore dal respiro europeo. Al contrario, di scuola «pianistica» non si era punto informati; sennonché a colmare tale lacuna è soccorso – come si diceva – lo scaltrito lavoro, condotto con acribia filologica nelle biblioteche piemontesi, da Paolo Cavallo. 
Una volta riportate alla luce le due Sonate in tre tempi di Giacinto e Vincenzo Calderara (rispettivamente padre e figlio) – il linguaggio delle quali incamera elementi viennesi, reminiscenze venete, nonché spunti ascrivibili alla scuola napoletana, il vetusto segno musicale è stato vivificato in suono dalla moderna galanterie di Mario Tonda.
Leggerezza, ampia varietà di tocco e fraseggio, bel suono, ma soprattutto cantabilità sono le cifre che contraddistinguono una lettura viva sì, ma non nervosa, equilibrata, ma non distaccata, per nulla scontata. Perché l’interprete affronta le pagine dei Calderara e del pinarolese Ignazio Pacotto – oltre che degli altri autori che potremmo definire «di cornice» – con lo stesso rispetto che si deve avere per C. P. E. Bach, per Haydn o per Mozart, cercando di penetrarne lo spirito che a prima vista potrebbe risultare superficialmente edonistico, al contrario cela sovente i recessi dell’animo umano che solo chi si commuove veramente sa poi manifestare. E Tonda prima ancora che commuovere il pubblico ha commosso sé stesso; complice di questa ideale alchimia è la copia Paul Mc Nulty (Praga, 2004) di un fortepiano viennese costruito da Anton Walter intorno al 1805, scelta per la presente registrazione.

venerdì 8 giugno 2012

Preludio d'organo (giugno 2012)



PRELUDIO D’ORGANO
IN SAN LUCA
Giuseppe Rotelli (1901)

9 giugno 2012 ore 17, 30

PROGRAMMA
«Musica francese per organo tra Otto e Novecento
un tributo a Louis Vierne (1870-1937)» [II]


LOUIS VIERNE (1870-1937)

Verset fugué sur In exitu Israël [1894]
Préambule [24 Pièces en style Libre op. 31, n. 1]
Complainte [24 Pièces en style Libre op. 31, n. 3]

***

MARCEL DUPRÉ (1889-1971)

Veni Sancte Spiritus op. 28, n° 47
Salve Regina op. 45, n° 1
Antiphon III: Nigra sum sed formosa, filiae Jerusalem
Antiphon V: Speciosa facta es et suavis
[15 Versets sur les Vepres de la Vierge, op. 18]


Michele Bosio, organo