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lunedì 26 maggio 2008

Amati, Lingiardi e Inzoli



Gli Amati e i Lingiardi [Pavia]

I fratelli Amati, Alessio (1738-1815) e Luigi (1754-1816), fondarono a Pavia nella seconda metà del Settecento una fabbrica costruttrice d'organi a canne. Più precisamente, Alessio iniziò la propria attività di organaro a Monza nel 1762 circa, mentre Luigi stipulò nel 1779 un contratto per la costruzione del nuovo organo per la chiesa di San Francesco in Pavia. I figli di Alessio, Giuseppe (?-prima del 1829) e Antonio (?-1834) ereditarono la fiorente e redditizia attività del padre. Essi lavorarono a Monza con il padre sino al 1808 circa, anno in cui si trasferirono a Pavia. Angelo (1802-1878), figlio di Antonio, perpetuò il buon nome della ditta di famiglia sino alla sua morte. Mentre, i frutti della storica tradizione artigiana pavese non furono raccolti dal figlio di Angelo, il quale preferì impiegarsi nelle ferrovie dello Stato. Fu, invece, il cremasco Pacifico Inzoli (1843-1910), allievo di Angelo, a terminare i lavori in corso della ditta Amati, oltre che a prelevarne l'officina ed il materiale in deposito. 


Per quanto riguarda le notizie biografiche della famiglia Amati sappiamo molto poco, ma presto tale lacuna sarà colmata da una dettagliata ricerca di Maurizio Ricci. Giuseppe Tamburelli e Maurizio Ricci sono gli studiosi che più degli altri si sono adoperati per la causa degli Amati e dei Lingiardi di Pavia.


Dalla corrispondenza tra gli Amati (in particolare Luigi e Angelo) ed i Serassi di Bergamo (documentata lungo l'arco di 39 anni, dal 1799 al 1838), ed anche dalle Lettere Sugli organi (1816) di Giuseppe [II] Serassi, siamo informati sia circa la buona considerazione che la grande famiglia di organari bergamaschi godeva nei confronti dei pavesi, ma soprattutto dell'incondizionata ammirazione che gli Amati avevano nei confronti dei Serassi. 

Il nome degli Amati è da annoverare tra quelli più rappresentativi della migliore tradizione organaria italiana, rappresentata dagli Antegnati, dai Bossi, dai Serassi - solo per citarne alcuni -   ma anche tra gli innovatori. A loro infatti va riconosciuta l'applicazione della pedaleva (consistente in una serie di pedaletti in metallo posti sopra la pedaliera per l'inserimento di singoli registri di concerto, del Ripieno, della Terzamano e di combinazioni). Questa invenzione venne ripresa e sviluppata in seguito dai Lingiardi di Pavia (loro allievi) che aumentarono il numero dei pedaletti e li collocarono sporgenti sotto la parte anteriore della pedaliera (la prima applicazione di tale dispositivo è attesta nell'organo della Basilica di Sant'Antonino a Piacenza, 1839, opus 48).

Giambattista Lingiardi (1756-1850), cresciuto e formatosi presso la scuola degli Amati, si mise in proprio nel 1807 dando vita a Pavia ad una solida tradizione organaria che si estinse solamente nel 1920. Luigi Lingiardi (1814-1882), figlio di Giambattista e fratello di Giacomo (1811-1871), fu una delle figure più interessanti della storia dell'organaria italiana. Non solo ereditò dal padre, e tramandò ai propri figli, la preziosa e difficile arte del fabbricare organi, ma fu egli stesso l'inventore di molti ritrovati (come il terzo tiratutti, la cassa armonica, l'organo-orchestra e molti altri ancora), oltre che un genuino musicista ed un arguto narratore. Il suo nome passò alla storia poiché fu il primo organaro italiano ad infrangere il limite della pressione unica. Egli costruì un somiere con due segrete, alimentate da aria indipendente e collegate rispettivamente a due tastiere, di cui una era per il Ripieno, strumenti ad anima, e cassa armonica (pressione più bassa), l'altra per i registri ad ancia (pressione più alta). Il geniale organaro pavese riuscì a raggruppare su di un solo somiere l'effetto di quattro organi distinti (ed è egli stesso a ricordarlo nelle sue Memorie: «Io ho saputo compendiare in un solo organo e sopra un unico somiere l'effetto di quattro!»), nacque così l'organo-orchestra.

Il gusto sinfonico-operistico imperante in Italia nell'Ottocento aveva monopolizzato tutti i generi musicali, di conseguenza anche la musica da chiesa e l'arte organaria. Ma, agli albori del Novecento si fece pressante il bisogno di una musica liturgica, non più di stampo romantico-melodrammatico, bensì d'autentica ispirazione sacra (canto gregoriano, polifonia classica). Incominciò  ad  attecchire  in Italia la riforma ceciliana, che  riformando  la  musica sacra riformò  anche l'organo. Poco alla volta gli strumenti a tastiera unica con registri spezzati, pedaliera corta, trasmissione meccanica ed effetti bandistici (come quelli realizzati dagli Amati e dai Lingiardi) vennero sostituiti dagli organi a trasmissione pneumatica e poi elettrica, dotati di almeno due tastiere, di pedaliera completa e di registri interi (cioè, da strumenti vicini ai modelli dell'organaria transalpina, e, in larga parte, non più capaci di “parlare” l'idioma nazionale). Ernesto Lingiardi (1860-1920), figlio di Luigi, fu l'ultimo insigne rappresentate di quella genia di organari pavesi che portò ai massimi livelli artistici l'organaria classica italiana. Adeguandosi in parte ai dettami della riforma ceciliana, egli produsse degli splendidi organi, sicuramente vicini ai modelli d'oltralpe, ma fedelmente ancorati alla miglior tradizione italiana (costituiscono un mirabile esempio di ciò gli strumenti realizzati da Ernesto, nel 1910 e 1913, per le basiliche pavesi del Santissimo Salvatore e di San Pietro in Ciel d'Oro).


L'Inzoli [Crema]


Tra i discepoli di Luigi Lingiardi non ci furono solamente i propri figli (Ernesto, Cesare e Giambattista), ma anche l'organaro cremasco Pacifico Inzoli. L'Inzoli fu apprendista nelle botteghe dei Franceschini di Crema e dei Cavalli di Lodi (come s'è detto prima, fu allievo degli Amati) e successivamente divenne operaio specializzato presso la fabbrica dei Lingiardi di Pavia. Egli stesso nell'Autobiografia scrisse «Dopo circa quattro anni in detta Fabbrica [la fabbrica di Luigi Lingiardi di Pavia] in qualità di lavorante in meccanica ed acustica abbandonai questa lodevolissima ditta non senza dispiacere del suddetto Sig. Lingiardi per far da solo, chiamandomi per gratitudine verso lo stesso, con l'epiteto di unico ed effettivo allievo suo in tutte le materie di Fabbrica d'organi.». Infatti, nel 1867 fondò a Crema la ditta «Inzoli Cav. Pacifico». 

Inzoli costruì numerosi strumenti nel pieno rispetto della tradizione organaria di scuola lombarda, tra questi spicca il monumentale organo per la Cattedrale di Cremona (1879), divenuto famoso in tutt'Europa per la canna maggiore di facciata (Fa1 di 24 piedi, dell'altezza di 8,40 m, del diametro di 41 cm e del peso di 202 kg), la cui lastra fu realizzata eccezionalmente in un'unica fusione (la qual cosa lasciò esterrefatto anche il grande organaro francese Aristidé Cavaillè-Coll in quale esclamò discorrendo con l'Inzoli: «E' impossibile fondere d'un pezzo le canne di 24 piedi: è impossibile!»). Egli poi si adattò ai tempi costruendo nuovi organi secondo i principi propugnati dalla riforma. Lo strumento a tre tastiere, pedaliera di trenta note e trentotto registri interi, destinato alla Chiesa di Sant'Ignazio a Roma (1888), segna la svolta di Inzoli in favore degli organi cosiddetti “liturgici”. A questo strumento seguirono quelli per il Santuario di Valle Pompei (1890), per la Chiesa parrocchiale di Adro (BS, 1891), per l'Esposizione Nazionale di Palermo (1891), per la Chiesa di San Domenico a Palermo (1898) e molti altri ancora. 

Non solo l'Inzoli ereditò dal Lingiardi i precetti dell'arte organaria classica, ma anche il dono della sperimentazione (basti citare il fortunato brevetto del somiere a doppio scompartimento).  Egli fu anche il  primo  organaro  italiano a  sentire l'esigenza di diffondere la propria immagine  con  il  mezzo  della  stampa e della  fotografia, produsse  numerosi opuscoli per celebrare le sue invenzioni. Costituiscono un valido esempio di ciò le spiegazioni illustrate del somiere a doppio scompartimento, del Microllorgano e del Panfonium

Ricordiamo, inoltre, che nella fabbrica d'Inzoli ebbero modo di formarsi alcuni organari divenuti celebri in tutt'Italia. È il caso di citare il cremasco Giovanni Tamburini (1857-1942) ed il cremonese Giuseppe Rotelli (1862-1942), i quali furono tra i protagonisti della cosiddetta organaria ceciliana e riformarono alcuni degli strumenti edificati sia dagli Amati che dai Lingiardi, nonché dell'Inzoli.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI


Nino Antonaccio-Stefano Spinelli, Inzoli cav. Pacifico Premiato Stabilimento d'Organi, Lettere e Progetti, Crema, Arti Grafiche Cremasche, 2002.


Giosuè Berbenni, La corrispondenza tra gli organari Amati di Pavia e Serassi di Bergamo (1799-1835) in «Bollettino della Società Pavese di Storia  Patria», CVI (2006), pp. 281-295. 


Giambattista Castelli, Catalogo degli organi da chiesa costruiti a tutto l'anno 1858 dall'I. R. Fabbrica Nazionale Privilegiata dei Fratelli Serassi in Bergamo, Bergamo, Tipografia Natali, 1858, riedito in I Cataloghi originali degli organi Serassi, Ristampa anastatica con appendici, postilla e indici a cura di Oscar Mischiati, Bologna, Pàtron, 1975.


Catalogo Degli Organi costruiti dalla Pontificia Fabbrica d'Organi Comm. Giovanni Tamburini dal 1893 al 1973, Crema, 1977. 


Compendio cronologico dei collaudi e scritti vari editi ed inediti risguardanti le opere del fabbricante d'organi Pacifico Inzoli di Crema, Crema 1877, Parte I (ristampa anastatica con una premessa di Oscar Mischiati, Cremona, Turris, 1992).  


Compendio cronologico dei collaudi e scritti vari editi ed inediti risguardanti le opere del fabbricante d'organi Pacifico Inzoli di Crema, Crema 1880, Parte II. 


Luigi Lingiardi, Memorie di un organaro pavese, a cura di Maurizio Ricci, Pavia, Torchio de'Ricci, 1983.


Oscar Mischiati, L'organo della Cattedrale di Cremona. Vicende storiche e documenti dal XV al XX secolo, redazione a cura di Marco Ruggeri, Bologna, Pàtron, 2007.


Giuseppe Serassi, Sugli  organi lettere, Bergamo, Natali, 1816 (ristampa anastatica con una postilla e indici a cura di Oscar Mischiati, Bologna, Pàtron, 1973).


Stefano Spinelli

Pacifico Inzoli e le origini dell'arte organaria a Crema, Crema, Arti Grafiche Cremasche, 1995.

Ars dedicandi, Crema, Tipolito Uggè, 1997


Giuseppe Tamburelli, I Lingiardi e la tradizione organaria pavese, in Un secolo di vita del Civico Istituto Musicale «Franco Vittadini» di Pavia (1867-1967), Pavia, Comune di Pavia, 1967, pp. 158-190 (ristampato, conservando la numerazione originale delle pagine, in Itinerario organistico nelle chiese di Pavia, Pavia, Guardamagna Editori, 1995).


Referenza fotografica

lunedì 19 maggio 2008

«Karl Richter-A Universal Musician»


Finalmente è toccato anche a Karl Richter un cofanetto commemorativo che racchiudesse rare «perle musicali» del suo estro interpretativo, parimenti nei ruoli di direttore, organista e clavicembalista. Negli ultimi mesi del 2006, la DG ha infatti arricchito il catalogo «original masters» con un cofanetto di otto CD per festeggiare gli ottant'anni di Richter. La raccolta si intitola «Karl Richter-A Universal Musician», un titolo davvero appropriato. L'universalità musicale di Richter, oggi considerata un'eccezione, per i musicisti del XVII-XVIII secolo era invece la regola.

Ecco, allora, che Richter passa con estrema naturalezza dalla coinvolgente concertazione delle Musikalische Exequien di Heinrich Schütz, all'organo sinfonico «Steinmeyer» della Herkules Saal di Monaco per una virtuosa interpretazione del Preludio e fuga su B-A-C-H di Liszt. Senza prima aver eseguito, al cembalo Neupert «modello Bach», una versione rigorosa, severa e ricca di pathos delle Goldberg-Variationen e della Fantasia cromatica e fuga di Johann Sebastian Bach.

Che meraviglia la prima incisione di Richter per DG: le Musikalische Exequien di Heinrich Schütz (novembre 1953) con l'Heinrich Schütz-Kreis (che l'anno successivo sarebbe stato ribattezzato col nome di Münchner Bach-Chor). In questa versione, la seconda disponibile a quel tempo in disco, traspare la purezza e la turgidità corale ereditate dall'apprendistato di Richter con i Thomaner diretti da Günther Ramin. Ma, nella lettura di Richter emerge qualcosa di più, una caratteristica che lo accompagnerà durante la sua carriera, cioè una microespressione, un affetto, che sgorga naturale e spontaneo dal cuore. 

Da questo «scrigno delle meraviglie», che raccoglie alcune registrazioni disponibili da tempo sul mercato giapponese, ma che in Europa appaiono solo ora in CD, estraiamo un paio di Sinfonie «Londinesi» che Richter registrò nel 1961 con i Berliner Philarmoniker. Ascoltandole, si ha immediatamente l'impressione di trovarsi davanti a un granitico Kappelmeister, che proviene dalla scuola di Hans Knappertsbusch. Una lettura del classicismo viennese mediata dallo studio di Wagner, ma soprattutto di Bruckner.

Una menzione tutta particolare merita il secondo CD del cofanetto, poiché raccoglie il recital solistico di una grandissima cantate, nota soprattutto per le sue interpretazioni mozartiane: il soprano Maria Stader. La leggerezza, ricca d'intensità, di Maria Stader traspare attraverso alcune arie dalle Passioni di Bach, e dal Messiah di Händel. Ma, le vette più alte sono raggiunte nelle due arie di Gabriele dalla Creazione di Haydn. Un cesello di note sorrette con grazia e morbidezza dal timbro della Münchner Bach-Orchester. Mentre, nella Cantata di Alessandro Scarlatti Su le sponde del Tebro, spiccano agilità e cura per l'affetto testuale. 

Il recital organistico di Richter (quinto CD), riesce a dare l'idea di che cosa fosse per lui il suo strumento. Non solamente l'austero e grave supporto ai Sacri Riti, ma uno strumento solistico, al pari del pianoforte, con cui l'interprete potesse incantare il pubblico. Richter riusciva a ricreare nelle grandi sale da concerto la malinconia delle tarde opere di Mozart, come la Fantasia nella patetica tonalità di Fa minore, e subito dopo immergersi nel virtuosismo, dando sfoggio della propria invidiabile tecnica. Gli piaceva dare spettacolo, come nel Preludio B-A-C-H di Liszt, mentre si stava sedendo, prima ancora di essere sulla panca, suonava il Sib iniziale col piede destro, intanto inseriva i registri, e, solo all'ultimo saltava con le mani sulle tastiere. Lo stesso effetto si può ritrovare nella presente registrazione (quel Sib tenuto più del dovuto, fa pensare proprio a questo!). Le sue inesauribili combinazioni di impasti sonori, l'abilità nel combinare i registri ottenendo sonorità originalissime, le possiamo ritrovare nei Corali di Brahms. In molti di essi, Richter stravolge la partitura con delle soluzioni originali, ma assolutamente convincenti. Come nei Corali manualiter Schmücke dich ed Es ist en Ros'entsprungen (nel primo suona il cantus firmus isolatamente con un'ancia dolce al pedale e le rimanenti parti alla tastiera, mentre nel secondo l'ancia è al soprano ed il basso è affidato al pedale). La stessa «arte della registrazione» la ritroviamo nei pezzi per cembalo, il quale viene trattato alla stregua di un organo. Che meraviglia la profondità del 16 piedi, il tintinnio del 4, e il pizzicato del liuto  azionati dalla registrazione a pedali del «modello Bach» di Neupert. Le Goldberg, nella versione del 1970, sono da considerare ancora oggi tra le edizioni di riferimento.

Potremmo continuare a lungo ad elogiare l'universalità musicale di Richter, la sua spontanea «romanticizzazione» della musica barocca, il grande merito di avere fatto di Monaco di Baviera una seconda Lipsia. Ma, concludiamo ricordando l'eredità di un interprete per il quale la musica è soprattutto creatività ed ispirazione, non solo mero calcolo intellettuale, e va padroneggiata innanzitutto con il cuore. In un periodo storico molto importante per l'esecuzione della musica barocca, la seconda metà del '900, in cui cominciavano ad affacciarsi coraggiosi personaggi pronti a perseguire la prassi esecutiva dell'epoca, con l'ausilio della trattatistica coeva, degli strumenti originali e di organici vocali-strumentali a parti reali (Gustav Leonhardt, Frans Brüggen e Nikolaus Harnoncourt, in primis); Richter sosteneva apertamente che la cosiddetta «filologia» non doveva essere un fine, ma, semmai un mezzo per poter raggiungere il messaggio del compositore. 

Ed il mezzo per raggiungere il messaggio bachiano assolutamente legittimo - al pari della prassi esecutiva per la prima generazione di «filologi» - era, per il sensualista Richter, la severità di un coro mastodontico, un organico strumentale di tipo sinfonico, un cast vocale dal sapore wagneriano, guidati con mano ferma da un organista intriso di autentica «tradizione». Una «tradizione» rappresentata dalla stirpe di cantori ed organisti alla cui scuola Richter si era pasciuto: da Ramin a Straube, da Reger a Liszt, a Mendelssohn, e via via a ritroso sino a Johann Sebastian Bach. 

Recenti pubblicazioni richteriane in cd e dvd


«Karl Richter-A Universal Musician»

C. P. E. BACH Sinfonie 1-4 WQ 183

BACH Arie da Johannes Passion BWV 245, Matthäus Passion BWV 244; Lieder dallo Schemelli Gesangbuch; Concerti BWV 1044, BWV 1055a; Goldberg-Variationen BWV 988; Concerto Italiano BVW 971; Fantasia cromatica e fuga BWV 903; Toccata BWV 915; Pastorella BWV 590; Fantasia BWV 906

BRAHMS 11 Choralvorspiele op. 122

HAENDEL Arie da Xerxes HWV 40, Giulio Cesare HWV 17, Samson HWV 57, Messiah HWV 56, Josua HWV 64; Suite per cembalo in Mi HWV 430, Ciaccona HWV 435

HAYDN Arie da Die Schöpfung Hob. XXI:2, Die Jahreszeiten Hob. XXI:3; Sinfonia in Sol Hob. I:94, Sinfonia in Re Hob. I:101

LISZT Preludio e fuga su B-A-C-H

MENDELSSOHN Arie da Elias op. 70

MOZART Fantasia in fa K 608

SCARLATTI Su le sponde del Tebro

SCHüTZ Musikalische Exequien SWV 279-281

Heinrich Schütz-Kreis, direttore Karl Richter 

Münchner Bach-Chor, direttore Karl Richter Münchner 

Bach-Orchester, direttore Karl Richter 

Berliner Philarmoniker, direttore Karl Richter 

organo Karl Richter 

cembalo Karl Richter

DEUTSCHE GRAMMOPHON 002894776210 (8 cd)

AAD/ADD 491:10 

Karl Richter: A Universal Musician


HAENDEL Giulio Cesare HWV 17

Münchner Bach-Chor, direttore Karl Richter Münchner 

Bach-Orchester, direttore Karl Richter 

DEUTSCHE GRAMMOPHON  0028947756477 (4 cd)

Handel: Giulio Cesare in Egitto


Karl Richters Vermächtnis

Ein Film von Tobias Richter (der Sohn Karl Richter's) in Zusammenarbeit

mit Klaus Lindeman & Klaus-Peter Richter
Release: Januar 2006 / 1 DVD-Video
EAN/UPC Code: 0044007341506


JOHANN SEBASTIAN BACH 


Brandenburgische Konzerte  BWV 1046 -1051

Münchener Bach-Orchester · Karl Richter
Release: Januar 2006 / 1 DVD-Video
Directed by: Arne Arnbom
EAN/UPC Code: 0044007341476

Bach - Brandenburg Concertos 1-6 / Karl Richter, Munchener Bach-Orchester


Johannes Passion  BWV 245

Helen Donath · Julia Hamari · Peter Schreier · Horst R. Laubenthal · Ernst Gerold Schramm · Siegmund Nimsgern · Keith Engen

Münchener Bach-Chor und -Orchester · Karl Richter

Release: Januar 2006 / 1 DVD-Video

Directed by: Arne Arnbom

EAN/UPC Code: 0044007341124

Bach - St. John Passion / Helen Donath, Julia Hamari, Peter Schreier, Horst Laubenthal, Ernst Gerold Schramm, Siegmund Nimsgern, Kieth Engen, Karl Richter, Munchener Bach-Orchester



Messe in H moll  BWV 232

Gundula Janowitz · Hertha Töpper · Horst R. Laubenthal · Hermann Prey

Münchener Bach-Chor und -Orchester · Karl Richter

Release: Januar 2006 / 1 DVD-Video

Directed  by: Arne Arnbom

EAN/UPC Code: 0044007341483

Bach - Mass in B Minor


Matthäus Passion BWV 244

Helen Donath · Julia Hamari · Peter Schreier · Walter Berry

Münchener Bach-Chor und -Orchester · Karl Richter

Release: Januar 2006 / 2 DVD-Videos

Directed by: Hugo Käch

EAN/UPC Code: 0044007341490

Richter/Bach: Matthaus-Passion


Bibliografia richteriana

MONOGRAFIE

Roland Wörner, Karl Richter - Musik mit dem Herzen, München 2001, Panisken Verlag. 


Johannes Martin, Karl Richter in München (1951-1981), Dettelbach 2005, Conventus Musicus.


ARTICOLI VARI


Walter Abendroth, Karl Richter in «FonoForum» 3/1960. 


Karl Schumann, Lieblingsjünger der Musik in «FonoForum» 4/1981.


Alfred Beaujean, In memoriam Karl Richter in «HiFi-Stereophonie» maggio1981.

Joachim Kaiser, Abschied von Karl Richter in «Musica» marzo/aprile 1981.


Klaus Peter Richter, Der Organist K. R. in «FonoForum» 4/1982.


Karl Richter interpreta Bach in «Symphonia», III (1992), n. 18.


Werner Pfister, Karl Richter - Bach-Kantaten in «FonoForum» 2/1994.


Heiko Bockstiegel, Meine Herren, kennen Sie das Stück? Erinnerungen an deutschsprachige Chordirigenten des 20. Jahrhunderts, 1999, pp. 193-201.


Michele Bosio, La vocazione bachiana di Karl Richter  in «Musica» marzo 2007.


Tra i molti saggi di Karl Schuman che fungono da note ai programmi registrati in disco da Richter si vedano  tra gli altri (tradotti anche in italiano):

- Tradition und Vorbilder in G. F. Händel Concerti Grossi op. 3 e op. 6 - Samson, Archiv (box4 cd) 453249-2, (box 3 cd) 453245-2.

- Karl Richter, der Kantor der westlichen Welt in 1970 Karl Richter - Centenary D. G. Collection, cd 459 032-2.


Nicholas Anderson, Karl Richters Bach, in J. S. Bach 75 kantaten, Archiv (box 26 cd) 439368-2.


lunedì 12 maggio 2008

In memoriam Karl Richter (1926-1981)



Karl Richter nacque a Plauen nel Vogtland (Sassonia), il 15 ottobre 1926. Figlio di un pastore protestante  (Christian Johannes Richter) compì i primi studi musicali, a partire dal 1938, presso la Kreuzschule di Dresda con Rudolf Mauersberger (1889-1971). Successivamente studiò a Lipsia presso il Kirchenmusikalisches Institut con Karl Straube, una delle più grandi personalità musicali del secolo scorso (amico, nonché dedicatario, di numerose composizioni di Max Reger e dal 1918 Thomaskantor a Lipsia) il quale lo accolse già a età avanzata come suo ultimo allievo. Studiò anche con il leggendario Günther Ramin, a sua volta allievo di Straube, dal 1918 Thomasorganist e dal 1940 Thomaskantor a Lipsia. 

Nel 1949 - a 23 anni - Richter si diplomò e nel medesimo anno divenne Thomasorganist a Lipsia, si trattava del più grande incarico cui potesse aspirare un giovane organista. Dopo l’apprendistato a Lipsia, che gli permise di qualificarsi a pieno titolo come «musicista sassone proveniente da una fiorente tradizione di cantori e organisti», scelse Monaco (la città cattolica di Richard Wagner e Richard Strauss) come centro d’irradiazione della tradizione bachiana di Lipsia. Infatti nel 1951, incominciò ad insegnare presso la Staatliche Hochschule für Musik di Monaco (nel 1956 divenne professore ordinario di organo e vi insegnò sino al 1977) e divenne Kantor e organista presso la chiesa protestante di San Marco. Istruì l’Heinrich Schütz-Kreis, che nel 1954 ribattezzò col nome di Münchner Bach-Chor, un complesso corale di «amatori» (il cui numero raggiungeva i 120 elementi), che nel giro di pochi anni si sarebbe affermato come uno dei migliori cori laici del mondo. Nel 1953 fondò la Münchner Bach-Orchester, uno straordinario complesso strumentale che riuniva i migliori professionisti provenienti dalla Hochschule e dalle orchestre di Monaco (Münchner Philharmoniker, Münchner Staatsoper, Bayerischen Rundfunks Symphonieorchester etc.).
Il debutto solistico di Richter (poiché egli aveva accompagnato in numerose tournée, in qualità di continuista, il Thomaner-Chor sotto la direzione di Günther Ramin) sulla scena musicale internazionale avvenne nel 1954 all’
Ansbacher Bachwoche (Settimana Bach di Ansbach). In quell’occasione fornì una virtuosa lettura delle Goldberg-Variationen BWV 988, un’opera cui rimase legato per tutta la vita, eseguendola in innumerevoli concerti e registrandola ben due volte. Due anni più tardi Richter portò ad Ansbach anche il Münchner Bach-Chor. Richter partecipò regolarmente all’Ansbacher Bachwoche sino al 1964, diventandone la sua più importante attrazione.
Nel 1953 firmò un contratto con Archiv, la sua collaborazione con questa etichetta, che si interruppe solamente con la propria morte, lo portò a effettuare centinaia di registrazioni in qualità di direttore d’orchestra e di coro, come organista e clavicembalista.
Karl Richter, dirigendo sempre a memoria e tenendo inequivocabilmente unito il basso continuo dal proprio vigoroso cembalo, divenne ben presto l’interprete internazionale di Johann Sebastian Bach. Egli portò in tutto il mondo i capolavori corali del
Kantor. Effettuò tournée in Europa, USA, Unione Sovietica, Giappone ed America del Sud. Replicò quasi un centinaio di volte la Messe in H-moll BWV 232, ne fece addirittura un proprio «cavallo di battaglia». Ricordiamo le sole esecuzioni esecuzioni italiane: a Genova nel 1958, a Monreale, Palermo, Milano e Vicenza  nel 1964, a Parma nel 1967 (Teatro Regio, Concerto per il 100° anniversario della nascita di Arturo Toscanini). L’ultima replica della Messe in H-moll risale al  1 novembre del 1980 a Monaco (presso il Deutches Museum), pochi mesi prima della sua prematura scomparsa.
A partire dal 1965 Richter istituì a Monaco la
Bach-Fest, ovvero una settimana circa (di solito collocata tra la fine di giugno e l’inizio di luglio) interamente dedicata alla musica di Bach, in cui egli svolgeva un’incredibile attività sia come direttore, accompagnatore e solista. Ogni giorno Richter si esibiva come solista all’organo od al cembalo durante i matinè e come direttore durante i concerti serali. L’affluenza di pubblico era sempre enorme, così che in molti casi i concerti davano il «tutto esaurito» ancor prima dell’affissione dei manifesti. Come accompagnatore collaborò intensamente con Wolfgang Schneideran (violino), Aurèle Nicolet (flauto), Maurice André, (tromba) ma anche con Yehudi Menuhin (violino), Pierre Fournier (violoncello), Gerhart Hetzel (violino), Jean Pierre Rampal (flauto), Leonid Kogan (violino) e molti altri ancora.
Nonostante l’universalità musicale di Richter fosse così evidente, lo strumento cui rimase sempre legato fu l’organo. Presso la
Markuskirche (dove Richter disponeva di due strumenti: uno romantico, «Steinmeyer» (1936), e uno neobarocco, che egli stesso aveva fatto costruire da Hans Ott nel 1967) tra gli eventi musicali più significativi di Monaco spiccavano il concerto d’organo della vigilia di Capodanno e i cosiddetti «Mottetti». Il primo si teneva il 31 dicembre alle 22 e 30, ed era integralmente dedicato a Bach, il programma prevedeva naturalmente l’immancabile Toccata BWV 656; mentre i secondi erano concerti per coro «a cappella» in cui Richter, tra un brano e l’altro cantato dal «suo» Münchner Bach-Chor, improvvisava geniali modulazioni e transizioni all’organo (una prassi antichissima, l’improvvisazione, tramandatagli dal mentore Ramin).
Richter, tutt’altro che uno specialista, non si occupò solamente di Bach, ma anche di Händel, Haydn, Beethoven e Verdi. Grazie alla fiducia accordatagli dalle grandi orchestre tedesche diresse anche alcune Sinfonie di Bruckner (la «Quarta» coi Wiener Symphoniker e l’«Ottava» con la Bayerischen Symphonieorchester), di Schumann (la «Quarta» con i Münchner Philarmoniker), lo Stabat Mater
di Dvořák (con i Münchner Philarmoniker), gli Oratori di Mendelssohn, si accostò anche al mondo dell’opera (ricordiamo, oltre ad alcune opere di Händel, Orfeo ed Euridice ed Ifigenia in Tauride di Gluck e Idomeneo di Mozart).
Gli anni '70 per Richter furono scanditi da numerosi trionfi musicali, ma anche da drammatici problemi di salute. Le numerose
tournée in Europa ed Oltreoceano, il notevolissimo impegno discografico, l’incessante studio teorico ed il quotidiano esercizio allo strumento, l’attività didattica, spinsero Richter a un ritmo di vita troppo accelerato, non riusciva più ad avere tempo per se stesso. Nel 1971 ebbe il primo attacco di cuore (dieci anni più tardi sarebbe morto prematuramente per la stessa causa). Alla metà degli anni '70 gli venne diagnosticata una malattia agli occhi, e Richter, piuttosto scettico sull’esito positivo dell’operazione, cominciò a studiare giorno e notte nuove partiture, prevedendo che sarebbe diventato presto cieco. La sua casa sul Lago di Zurigo (la Svizzera, dove nel 1950 conobbe Gladys Müller, che sposò a Zurigo nel 1952, fu la sua seconda patria dopo la Baviera) divenne il suo unico rifugio, dove pensava di poter riprendere le forze. Anche l’improvvisa scomparsa di Rudolf Kempe (1910-1976), suo intimo amico, gettò Richter nel pessimismo più profondo. L’operazione agli occhi ebbe successo, ma la malattia lo aveva profondamente segnato. È proprio in questi anni che incomincia a crescere il suo stile maturo, connotato dalla scelta di ritmi lenti, ispessimento dell’organico vocale e strumentale, dalla creazione ed accentuazione di forti tensioni drammatiche, da una profonda espressività che sgorga naturale e spontanea dal cuore.

Sempre più ritirato dalla vita pubblica, Richter, rinunciò anche all’insegnamento dedicandosi con impegno all’attività concertistica e discografica. Le sue ultime registrazioni, chiarificatrici del suo modo di sentire la musica: diretta espressione dei recessi più reconditi dell’animo umano, sono la sua più grande eredità.
Richter diede il suo ultimo concerto con il Münchner Bach-Chor nel gennaio del 1981 presso la
Mariahilfkirche di Monaco, mentre il suo ultimo recital cembalistico si tenne a Wilhelmshaven il 12 febbraio 1981, tre giorni più tardi sarebbe morto a Monaco (dopo aver espletato le proprie funzioni di organista, accompagnando le celebrazioni domenicali presso la Markuskirche) per un infarto al miocardio. Il concerto in sua memoria si tenne il 3 maggio 1981 a Monaco, presso la Herkules Saal, e fu diretto dall’amico Leonard Bernstein. 

Richter è sepolto nel cimitero di Enzenbühl, nei pressi di Zurigo. Dopo la sua morte il Münchner Bach-Chor, una sola entità artistico-musicale sotto il controllo di Richter, venne guidato (dal 1984 al 2005) secondo la «tradizione» richteriana da Hanns-Martin Schneidt. Dal settembre del 2005 il Münchner Bach-Chor è guidato da Hansjörg Albrecht.


Referenza fotografica


«Karl Richter in München 1951-1981» un volume di 275 pagine, accompagnato da una trilogia in quattro DVD della durata di circa cinque ore e mezza




«Karl Richter in München 1951-1981» Solisten-Konzerte-Tourneen

CONVENTUS MUSICUS CM 2130

135 (2 DVDVIDEO)

«Karl Richter in München 1951-1981» Bach-Chor und Bach-Orchester

CONVENTUS MUSICUS CM 2131 

92:00

«Karl Richter in München 1951-1981» Interpretation und Faszinosum

CONVENTUS MUSICUS CM 2132 

92:00


Si tratta di un documento a dir poco eccezionale (una trilogia in quattro DVD che accompagna l'omonimo volume «Karl Richter in München 1951-1981», entrambi curati da Johannes Martin), contenente inediti filmati di concerti e tournée del Münchner Bach-Chor e della Münchner Bach-Orchester guidati da Karl Richter, commentati dalle preziosissime interviste degli artisti (cantanti e strumentisti) che hanno accompagnato Richter nel corso della sua luminosa carriera.

Il programma del primo DVD si apre con un collage di piccoli filmati, che oserei definire commoventi, in cui si vede Richter impegnato in una serie di tournée per il mondo. Si possono gustare i momenti di pausa prima dei concerti, dove emerge l'affabilità e la simpatia del grande interprete bachiano. Richter ride e scherza con i suoi musicisti sul treno verso l'Unione Sovietica, oppure aspetta il treno che lo porterà ad effettuare il tour italiano. Possiamo vederlo in traghetto a Venezia, o scorgerlo mentre legge «L'Avvenire d'Italia». Ora è a Parigi, poi ad Oxford, a New York, a Tokyo etc.

Dopo questa «familiare» introduzione (accompagnata dal Mottetto Singet dem Herren di Bach registrato durante la Bach-Fest del 2 maggio 1967), prendono il via le numerose interviste ai solisti della Münchner Bach-Orchester ed ai cantanti protagonisti di concerti e registrazioni discografiche. L'ineccepibile intervistatore (ex-corista del Münchner Bach-Chor), Johannes Martin, riesce a far sgorgare dai cuori di Aurèle Nicolet, Ursula Buckel, Hertha Töpper, Kieth Engen, Elmar Schloter, Johannes Fink, etc. i ricordi personali, carichi di ammirazione ed affetto, dell'indimenticabile organista, cembalista e direttore.

Il primo a prendere la parola non è un cantante, bensì il figlio del Decano della Markuskirche, Karl Heckel. Egli racconta del primo incontro del padre, Dr. Theodor Heckel (che fu Decano di S. Marco a partire dal 1950), con Richter e la visita all'organo «Steinmeyer». Richter dapprima suonò, naturalmente a memoria, la Toccata in re ed il Corale Wachet auf di Bach e poi la Fantasia e fuga B-A-C-H di Reger, dimostrandosi un vero «mago» nell'arte della registrazione, nonché degno allievo di Karl Straube. 

Tra le meravigliose e copiose testimonianze raccolte in questi DVD citiamo solo: il ricordo dei solisti - Antonia Fahberg, Hertha Töpper, Ernst Haefliger e Kieth Engen - che parteciparono nel 1958 alla prima registrazione della Matthäus Passion per Archiv, accompagnato dai  rari filmati dell'epoca che mostrano le prove ed il montaggio in studio. Questa straordinaria esecuzione figurò per diversi decenni nel catalogo Deutsche Grammophon come l'unica versione disponibile, e nel 1965 ne furono vendute in tutto il mondo circa cinquantamila copie.

Il DVD si chiude con le immagini, intrise di rasserenante tristezza, della tomba di Karl Richter, immersa nel verde del cimitero di Enzenbühl, mentre scorre la musica del Dona nobis pacem della Messe in H-moll nella trasfigurante versione live del 20 luglio 1980 presso la Basilica di Ottobeuren. 

Se il primo doppio DVD si concentra prevalentemente sulle figure dei solisti che collaborarono con Richter (siano essi cantanti o strumentisti), il secondo, invece, è quasi interamente dedicato al Münchner Bach-Chor; come dire, un'unica entità artistico-musicale sotto l'egida di Richter, diciamo pure una «protesi» delle enormi mani e degli agili piedi del St. Markus-Organist. Mentre, il terzo DVD narra circa «l'interpretazione ed il fascino», imprescindibile binomio e chiave di lettura per capire l'enorme attrazione che ancora oggi - in clima di assodata e universalmente riconosciuta nozione di prassi esecutiva storica - esercita il Bach «romanticizzato» di Karl Richter, sempre: «nuovo, attuale e moderno» (Aurèle Nicolet). 

Nel secondo DVD troviamo alcune sorprendenti testimonianze storiche circa l'iter da seguire per essere ammessi nel Münchner Bach-Chor: prova del registro vocale, riconoscimento degli intervalli, vocalizzi... Ed è proprio Karl Richter in persona ad accompagnare al pianoforte i giovani aspiranti coristi. Questo spezzone di filmato - sommato ad altri sei per un totale di circa quindici minuti - fa parte di un film realizzato nel 1968 da Friedrich Müller per la ZDF dal titolo «Karl Richter und sein Bach Chor». La pellicola è in bianco e nero, ma alcuni momenti come le prove della Johannes Passion al Deutsches Museum di Monaco, della Cantata Wachet! betet! betet! wachet! presso la Musikhochschule con Elmar Schloter al piano o l'intervista a Richter, si possono ritrovare a colori nel film «Karl Richters Vermächtnis» realizzato nel 1986 da Tobias Richter (pubblicato recentemente in DVD dalla Unitel-D. G.).

Ma non è finita qua, scopriamo ancora notizie davvero succose e che interessano il rapporto del Bach-Chor con l'Italia. Ed è niente di meno che Heinz Geisel (gerente del Münchner Bach-Chor dal 1954 al 1969) ad aprire l'album dei ricordi raccontando del primo viaggio del Bach-Chor in Italia, dietro interessamento del grande direttore d'opera Alberto Erede (1909-2001). Era il lontano 1957 e Richter con il suon coro fecero tappa a Trieste, Venezia, Bologna, Firenze, Roma e Palermo. L'anno seguente furono a Trieste, Genova, Milano, Parma, Firenze, Roma, L'Aquila e Palermo. Poi nel 1964  a Torino,  Milano, Vicenza,  Firenze, L'Aquila, Palermo e Monreale, ed infine nel 1967  a Torino, Vicenza, Parma e Lucca. Tra le numerose testimonianze dei coristi: Bruni Thauer, Heinrich Geierstanger, Willi Elsdörfer, Siegfried Scharrer, Gabi Weinfurter - intervistati presso la St. Markus-Kirche di Monaco -abbiamo scelto di riportare le parole del corista Jürgen Rasch circa il suo primo viaggio in Italia: «Il mio primo viaggio di concerto come corista del Bach-Chor fu in Italia, nel 1964. Siamo partiti alla mattina da Monaco di Baviera con il treno, 24 ore dopo eravamo in Calabria, da lì con il traghetto per la Sicilia. Dopo 36 ore di viaggio eravamo in hotel a Palermo. Un'ora dopo eravamo già in partenza con l'autobus per Monreale. [...] L'orchestra stava già provando nella Basilica di S. Maria La Creazione di Joseph Haydn. Nessuno di noi dimenticherà l'instante, in cui, sotto gli avvolgenti suoni della musica di Haydn, siamo entrati per la prima volta in questa enorme chiesa con meravigliosi mosaici e nell'abside la grande figura di Cristo.». Tutto ciò viene raccontato mentre scorrono le immagini «amatoriali» del viaggio in Italia, tra le quali, ad un occhio, esperto non potrà certo sfuggire  Karl Richter dormiente nello scomparto del treno.

Il terzo DVD è particolarmente interessante, non tanto per filmati inediti (tranne uno spezzone in cui si vede Richter che suona la d moll-Toccata all'organo neobarocco costruito da Hans Ott per la St. Markus-Kirche), quanto per i confronti di uno stesso brano in molteplici interpretazioni dal vivo che vanno dagli anni '50 agli anni '70. Citiamo come esempio l'Aria per tenore «Ach, mein Sinn» dalla Johannes-Passion messa a confronto nelle versioni live del 1957 e del 1963 (Ansbach), del 1968 (Mosca) e del 1976 (Monaco di Baviera). Una completamente diversa dall'altra per pathos, tempo, fraseggio, dinamica ed ispessimento-alleggerimento dell'organico strumentale.

L'intera trilogia richteriana realizzata con passione, competenza ed alto senso storico da Johannes Martin è acquisibile presso il Conventus Musicus di Dettelbach.


Referenza fotografica