Translate

lunedì 30 giugno 2008

Appunti sul «concerto all'italiana» trascritto per tastiera


Tra le varie forme musicali che animarono il Barocco, il Concerto (praticato nelle diverse tipologie: grosso, solistico o di gruppo) fu sicuramente il genere strumentale che più di ogni altro imperò, affascinando i più grandi compositori del XVIII secolo e spingendoli a produrre capolavori immortali.

Il primato della musica strumentale barocca (Sonata e Concerto), nonostante illustri esempi transalpini (Jean-Baptiste Lully e Georg Muffat), toccò all'Italia. Arcangelo Corelli (1653-1713) passò alla storia come il codificatore della Sonata a tre (con ben quattro raccolte pubblicate a Roma tra il 1681 ed il 1694) e del Concerto grosso (con la pubblicazione postuma ad Amsterdam dei celeberrimi 12 Concerti grossi op. VI). Non vi fu musicista che non subì il fascino dello stile corelliano, sobrio ed equilibrato; l'elenco sarebbe davvero lungo, citeremo per ragioni contingenti i soli nomi di Antonio Vivaldi (1678-1471) e Giuseppe Tartini (1692-1770).

Vivaldi fu considerato, invece, come il padre del Concerto solistico (su 13 raccolte a stampa, 9 riguardano concerti e sono state pubblicate ad Amsterdam fra il 1711 circa ed il 1729), fissando una struttura formale tripartita allegro-adagio-allegro, conosciuta anche come «concerto all'italiana». Il primo e il terzo movimento utilizzano, quasi sempre, lo schema alternativo di tutti (4 o 5 episodi) e solo (3 o 4 episodi). Mentre il primo tempo risulta essere quello più corposo e virtuosistico, il movimento centrale è piuttosto esiguo, a guisa di  recitativo del solista con sostegno armonico dell'orchestra. La più celebre e celebrata raccolta a stampa vivaldiana è senza dubbio L'estro armonico, op. III (pubblicata intorno al 1711), contenente 12 concerti per uno, due,  quattro violini ed orchestra ad archi.

Le raccolte a stampa di «concerti italiani» (per lo più pubblicate in Olanda presso gli editori Estienne Roger e Michel-Charles Le Cène, entrambi attivi ad Amsterdam) furono non solo oggetto di studio ed esecuzione, ma anche materia di affinamento per noti compositori, musicisti ed amatori desiderosi di forgiare le proprie opere secondo il gusto italiano. 

Organo e clavicembalo, con la loro dinamica «a terrazze», con la netta contrapposizione di piani sonori (gli episodi di tutti e solo affidati alle due tastiere), offrirono una perfetta stilizzazione dello stesso principio che sta alla base del Concerto barocco. Da qui l'idea di tradurre in termini tastieristici il concerto mediante la trascrizione o l'elaborazione, per cembalo od organo, di concerti originariamente nati per più strumenti. Esempi illustri in questo senso sono le trascrizioni per organo e cembalo di Johann Sebastian Bach (1685-1750) e del cugino Johann Gottfried Walther (1684-1748) entrambi attivi alla corte del principe Johann Ernst di Sassonia-Weimar (1696-1715). 

La particolare attrazione del principe, in contatto con l'editoria musicale di Amsterdam, per il genere del Concerto ha permesso loro di consultare manoscritti e stampe di concerti di autori italiani, inducendoli quindi ad intraprendere la loro opera di trascrizione per tastiera. Walther fu maggiormente attratto da autori quali Giuseppe Torelli (1658-1709) e Tommaso Albinoni (1671-1750), mentre appare assolutamente manifesta la predilezione di Bach per Vivaldi. Su 21 concerti da lui trascritti, ivi compreso il Concerto per quattro cembali e archi BWV 1065, ben 10 sono del «Prete rosso» e 6 di questi provengono da L'estro armonico (tre appropriati per organo, BWV 593, 594, 596 e tre per cembalo, BWV 972, 976, 978). 

I concerti tratti da L'estro armonico e da La stravaganza op. IV (12 concerti per violino ed archi pubblicati probabilmente nel 1715) furono studiati e trascritti anche dagli anonimi e giovani musicisti (uomini e donne) che compilarono, durante il primo ventennio del Settecento in Inghilterra, un codice manoscritto denominato Collection of harpsichord solos and songs-Anne Dawson's Book (custodito presso la Public Library di Manchester). Nulla si conosce circa Anne Dawson, a parte il ruolo di destinataria di questo corposo volume miscellaneo contenente ben 41 composizioni (concerti, sonate, suites, toccate ed arie per voce e basso continuo di autori diversi). In Anne Dawson's Book trovano posto ben 12 concerti vivaldiani, 4 da L'estro armonico (nn. 5, 7, 9 e 12) e 8 da La stravaganza (nn. 1, 3-6, 10, 11 ed il primo movimento del dodicesimo Concerto). Anche i concerti de La stravaganza presentano la tipica forma tripartita, ad accezione del settimo, quadripartito. I numeri 1, 3 e 4 sono stati trascritti mantenendo intatte le tonalità originali, rispettivamente di si bemolle maggiore, sol maggiore e la minore, mentre il n. 6 (in sol minore) è stato trasposto in re minore (anche Bach trascrisse per cembalo lo stesso concerto, mantenendo la tonalità originale; al contrario traspose il n. 1 da si bemolle a sol maggiore). Queste trascrizioni sono verosimilmente destinate ad uno strumento ad un solo manuale, probabilmente un virginale (o forse una spinetta, od un cembalo ad una tastiera, con estensione Sol-re3). Ciò si evince soprattutto dal tipo di ornamentazione e scrittura musicale, tipico dello stile dei virginalisti inglesi del XVII secolo. L'Anne Dawson's Book pare proprio essere l'erede dei numerosi Virginal's Books dei secoli precedenti. 

lunedì 23 giugno 2008

Alcune considerazioni numerologiche sulle Variazioni Goldberg BWV 988 di Johann Sebastian Bach



Aria con diverse [30] variazioni per cembalo a 2 manuali, lavoro più noto come Variazioni Goldberg, appartiene ad un progetto compositivo di Johann Sebastian Bach molto ampio e variegato. 

Tale lavoro del Kantor si chiama Klavier-Übung [Esercizio per Tastiera], intitolazione generica di una raccolta a stampa divisa in 4 parti di musica per strumenti a tastiera, che venne pubblicata in parta a Lipsia ed in parte a Norimberga tra il 1731 ed il 1741, e che costituisce la summa dei generi e delle forme compositive per  Klavier  (cembalo e/o organo). 


Klavier-Übung

Parte I: 6 Partite BWV 825-830 (Lipsia, 1731); Parte II: Concerto italiano BWV 971 e Ouverture nello stile francese BWV 831 (Norimberga, 1735); Parte III: Messa per organo sui 2 Catechismi di Martin Luther BWV 552, 669-689, 802-805 (Lipsia, 1739); Parte IV: Variazioni Goldberg BWV 988 (Norimberga, 1741-1742?).


Secondo una notizia riferita da Nikolaus Forkel (Über Johann Sebastian Bachs Leben, Kunst, und Kunstwerke, Lipsia 1802) l’Aria con diverse variazioni sarebbe stata scritta per un allievo di Bach, Johann Gottlieb Goldberg (1727-1756), impiegato come clavicembalista presso il conte Hermann von Keyserligk (ambasciatore di Russia a Dresda), con lo scopo di intrattenere il conte durante le ore di insonnia. Da questa notizia, meglio dire leggenda, sarebbe derivato l’appellativo di Goldberg Variationen (letteralmente variazioni di Goldberg). La mancanza di una dedica formale a Keyserligk (come richiedeva il protocollo settecentesco) e la giovane età di Goldberg (allora quattordicenne) in rapporto alla complessità dell’opera sono indicativi di un lavoro non commissionato, ma di un’opera fin dall’inizio facente parte del progetto del Klavier-Übung.


Le Variazioni Goldberg costituiscono anche il primo tassello delle opere tarde di Johann Sebastian Bach, cioè delle composizioni risalenti all’ultimo decennio di vita del Kantor (1740-1750). Si tratta di tutte opere speculative, giocate cioè sulla considerazione scientifica della musica


Con le Variazioni Goldberg (1741-1742), il Clavicembalo ben temperato II parte (1744), le Variazioni canoniche (1746-1747), composizione astratta per eccellenza, saggio di ammissione (giugno 1747) alla Società delle Scienze Musicali di Lipsia, l’Offerta musicale (1747), i 18 Corali di Lipsia (1747-1749) e l’Arte della fuga (1750) Bach giunse alla perfetta disciplina interiore, all’autocontrollo della fantasia, all’umiliazione dell’istinto. Per arrivare a ciò egli percorse a ritroso il cammino della storia rifacendosi alle fonti pure della polifonia, proponendosi un “ritorno all’antico” che, pur nella sua genuinità ed individualità, non produsse alcuna reazione nella realtà musicale del suo tempo e rimase isolato ed inascoltato.


 VARIAZIONI GOLDBERG  BWV  988


I 30 numeri delle Goldberg variano un’aria in forma di passacaglia, cioè con un basso ostinato formato da 32 battute. Tale basso proviene dalla Ciaccona con 62 variazioni HWV 442 per cembalo di Georg Friedrich Händel, o meglio, le prime 18 battute sono identiche tra loro. 

Bach rielaborò l’originale basso ostinato in modo che fornisse il sostegno armonico ad un’aria nel tempo di sarabanda la cui coinvolgente melodia distraesse ingegnosamente dal basso: vera spina dorsale della struttura che forma il ciclo di 30 variazioni.

Le Goldberg hanno una struttura assolutamente simmetrica e matematicamente definita: 32 sono le battute del basso, 32 sono i numeri complessivi dell’opera (Aria, 30 variazioni, Aria da capo) e 32 è anche il numero complessivo delle pagine dell’opera.

Alla base delle Variazioni Goldberg sta il numero 3 (numero perfetto, trinitario per eccellenza, trascendente, il tempo perfetto della musica medievale-rinascimentale; l’aristotelica unità d’azione: Aria nella molteplicità degli accadimenti: Variazioni) ed i suoi multipli.

L’aria viene variata in 30 modi diversi (variazioni), ogni gruppo di 3 variazioni viene chiuso dalla terza variazione in forma di canone (3, 6, 9, 12, 15, 18, 21, 24, 27). I gruppi composti ciascuno da 3 variazioni sono 10, ma quelli conclusi da una variazione canonica sono 9 (dal canone all’unisono sino a quello alla nona), poiché la variazione numero 30 non è in forma di canone, ma di quodlibet

Il quodlibet sfrutta la linea melodica del basso di passacaglia alla quale vengono sovrapposte due linee melodiche derivate da altrettanti canti popolari, in tutto 3 linee melodiche diverse tra loro per la variazione 30. Non dimentichiamo anche che l’aria e le variazioni sono quasi tutte in tonalità maggiore, Sol, e che solamente 3 variazioni sono in tonalità minore, sempre sol (15, 21, 25). 

Potrebbe apparire azzardata l’ipotesi che le Goldberg oltre a basarsi sul numero 3 (la Trinità, il Padre il Figlio e lo Spirito Santo; Dio: uno e trino, l’unità nella molteplicità) si basino anche sul numero 5 (l’uomo, i 5 sensi, le 5 dita). In questo caso si potrebbe pensare al 32 (battute, pagine, numeri), 3+2=5, ma anche al 10 (ciclo di 3 variazioni articolato in 10 gruppi), 5x2=10/10:2=5. Se così si pensasse, parrebbe plausibile accostare la sfera divina a quella umana, la trascendenza a l’immanenza, le variazioni sono 30=3x10 (3+2=5x2=10x3=30), ma questa è una personale opinione!


martedì 17 giugno 2008

Dal catalogo TACTUS consigliamo




ORESTE RAVANELLO

Fantasia op. 31; Sonata in fa; Preludio romantico op. 39, n. 1;  Prélude gothique; Chanson nordique op. 40, nn. 1 e 2; Quattro pezzi op. 112; Andante ; Contemplazione op. 117, nn. 1 e 3; Sonata in re

organo, Andrea Macinanti

violino, Cristiano Rossi

TACTUS TC 874301

DDD 76:08

Sonata In F Minor





GOFFREDO GIARDA 

Opera omnia per Organo

organo, Andrea Macinanti

TACTUS TC 880701

DDD 72:29

Goffredo Giarda: Opera Omnia per Organo







VINCENZO ANTONIO PETRALI 

Sei versetti per il Gloria (Messa in Re); Grande Suonata; Adagio per l'Elevazione in mi; Sonata in Fa; Adagio per l'Elevazione in La b; Sonata in re

organo, Marco Limone

TACTUS TC 834101

DDD 63:17

Vincenzo Antonio Petrali: Opere per organo


 


ARRETRATI

lunedì 9 giugno 2008

I Bernasconi a Cremona e nel Cremonese

 L'organo della chiesa parrocchiale di Picenengo (Cr)



La dinastia degli organari varesini Bernasconi si divide in due rami: i fratelli Giuseppe (1814-1891) e Cesare (1829-?) ed il figlio di Cesare, Giovanni; ed i fratelli Lorenzo (1822-1890) Pietro (1834-1895) ed figlio il figlio di Pietro, Luigi (1860-1927). 

I fratelli Giuseppe e Pietro furono impiegati presso la bottega organaria del varesino Luigi Maroni, e dopo la sua morte (avvenuta nel 1842) continuarono l'attività in forma autonoma. 

I primi lavori dei «Fratelli Bernasconi», nati sotto la direzione di Giuseppe, presero vita a partire dal 1847. Nel 1854 avvenne la separazione dei «Fratelli Bernasconi» in due ditte organarie indipendenti. D'ora in poi, sotto la dizione di «Fratelli Bernasconi» si identificheranno solamente i fratelli Lorenzo e Pietro. 

Lo strumento della chiesa di San Bartolomeo Apostolo in Picenengo reca il cartiglio originale con la dicitura «Premiata Fabbrica d'Organi di Cesare Bernasconi e figlio Giovanni di Varese», la data di costruzione è assente, ma accertabile durante futuri ed auspicabili lavori di restauro (sicuramente grazie alla segnatura apposta su alcune parti interne, non visibili, dell'organo e ad una seria ricerca d'archivio). Comunque, è verosimile che risalga all'ultimo decennio del XIX secolo, dato che lo strumento di Costa Sant'Abramo, morfologicamente simile a quello di Picenengo, reca il cartiglio originale con la scritta «Cesare Bernasconi 1894». 

Nel 1881 Giuseppe presentò all'Esposizione Musicale di Milano l'«Elenco degli organi costruiti da Giuseppe Bernasconi a partire dal 1847», il cui ammontare è di 99 strumenti (naturalmente Picenengo e Costa Sant'Abramo non figurano nell'elenco, poiché costruiti dopo la morte di Giuseppe, 1891). 

I Bernasconi furono presenti a Cremona, ricordiamo l'intervento all'organo della chiesa Sant'Agata (1876) e a Crema presso il Santuario di Santa Maria della Croce (1863). Nel Cremonese sopravvivono solamente due strumenti di Cesare e Giovanni Bernasconi (Costa e Picenengo), entrambi dal chiaro idioma lombardo ottocentesco (tastiera unica registri spezzati, somiere a vento, manette alla lombarda, etc.). Mentre ad Agnadello, presso la chiesa di San Vittore, si può trovare uno strumento di Luigi Bernasconi, risalente al 1897, ed assolutamente in linea con i dettami della Riforma Ceciliana (2 tastiere, registri interi, pedaliere completa, bottoni a scatto), restaurato dalla  ditta «Inzoli Cav. Pacifico» dei Fratelli Bonizzi di Crema nel 1996.


Referenza fotografica

martedì 3 giugno 2008

L'organo Giuseppe Rotelli (1907) della chiesa parrocchiale di Rivarolo del Re (CR)

Giuseppe Rotelli alla consolle dell'organo da egli edificato per la chiesa cremonese di San Luca


Tra i numerosi strumenti edificati sia nel territorio che nella diocesi cremonese da Giuseppe Rotelli nel lasso di tempo intercorso tra il 1894 ed il 1937 (gli anni corrispondenti al massimo splendore della «Premiata Fabbrica d’Organi Giuseppe Rotelli», coincidenti con l’attività di Giuseppe) fa particolarmente piacere apprendere che almeno uno, quello di Rivarolo del Re, grazie al restauro operato ditta «Inzoli Cav. Pacifico» dei Fratelli Bonizzi di Crema, è finalmente tornato a splendere. 

Si tratta di uno strumento stratificato (Cavalletti sec. XVIII, Cadei sec. XIX) di circa 1300 canne che l’organaro cremonese Giuseppe Rotelli riformò e consegnò alla comunità di Rivarolo del Re nel giugno del 1907. 

Ci è sembrato opportuno riportare di seguito le dichiarazioni del maestro Francesco Boldi (organista in San Pietro a Viadana e direttore del giornale quindicinale «Serate Musicali di Bologna») apparse il 15 giugno 1907 (immediatamente dopo l’inaugurazione dello strumento) sul periodico cremonese «L’Azione»


Se ogni esempio merita di essere onorato ed encomiato pubblicamente, in occasione del nuovo organo testè riformato a Rivarolo del Re dalla rinomata fabbrica Rotelli di Cremona, se ne presentano tre dei seguenti esempi: 

1. Un Arciprete che nulla risparmia, unitamente alla Fabbriceria, pur di contribuire alla forma delle concernenze liturgiche (Arte organaria e musica) e di tutto quanto più di decoroso può onorare il tempio di Dio. 

2. Un celeberrimo maestro, Gius. Ramella, che con il suo ingegno e costanza allo studio ha saputo crearsi una posizione invidiabile (Organista principale del Duomo di Milano) e che dall’alto del posto che occupa porterà indubbiamente valido contributo all’arte musicale liturgica. 

3. Il sig. Gius. Rotelli che sale all’incontrastabile valentia nell’arte organaria da rendersi ricercato. E prova ne sono i contratti per costruzioni d’organi pella nostra Diocesi e fuori (da ove sentiamo echi di trionfi per grandioso Organo recentemente costrutto in Castellammare di Stabia). 

Una conferma della valentia di Rotelli la si ebbe a Rivarolo del Re ove riformò l’organo di quella Arcipretale. Presenti molti R. Arcipreti e Parroci invitati per l’occasione del collaudo di detto organo, nonché di tanti altri maestri, il principe degli Organisti M. Gius. Ramella svolse il suo programma: 4 Sonata di Mendelssohn, 5 Sonata di Guilmant, Toccata di Widor, Fantasia e fuga in sol minore di Bach, In Paradisum del Dubois e molti altri pezzi da concerto che obbligarono il Maestro all’Organo per più d’un ora, diedero occasione di porre in evidenza tutta la bontà dell’organo, e le risorse che presenta per esecuzioni veramente artistiche. 

E’ da augurarsi che venga imitato l’esempio datoci dal R. ed Ill. Arciprete  di Rivarolo del Re giacchè abbiamo tanto bisogno di organi veramente liturgici.