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lunedì 19 maggio 2008

«Karl Richter-A Universal Musician»


Finalmente è toccato anche a Karl Richter un cofanetto commemorativo che racchiudesse rare «perle musicali» del suo estro interpretativo, parimenti nei ruoli di direttore, organista e clavicembalista. Negli ultimi mesi del 2006, la DG ha infatti arricchito il catalogo «original masters» con un cofanetto di otto CD per festeggiare gli ottant'anni di Richter. La raccolta si intitola «Karl Richter-A Universal Musician», un titolo davvero appropriato. L'universalità musicale di Richter, oggi considerata un'eccezione, per i musicisti del XVII-XVIII secolo era invece la regola.

Ecco, allora, che Richter passa con estrema naturalezza dalla coinvolgente concertazione delle Musikalische Exequien di Heinrich Schütz, all'organo sinfonico «Steinmeyer» della Herkules Saal di Monaco per una virtuosa interpretazione del Preludio e fuga su B-A-C-H di Liszt. Senza prima aver eseguito, al cembalo Neupert «modello Bach», una versione rigorosa, severa e ricca di pathos delle Goldberg-Variationen e della Fantasia cromatica e fuga di Johann Sebastian Bach.

Che meraviglia la prima incisione di Richter per DG: le Musikalische Exequien di Heinrich Schütz (novembre 1953) con l'Heinrich Schütz-Kreis (che l'anno successivo sarebbe stato ribattezzato col nome di Münchner Bach-Chor). In questa versione, la seconda disponibile a quel tempo in disco, traspare la purezza e la turgidità corale ereditate dall'apprendistato di Richter con i Thomaner diretti da Günther Ramin. Ma, nella lettura di Richter emerge qualcosa di più, una caratteristica che lo accompagnerà durante la sua carriera, cioè una microespressione, un affetto, che sgorga naturale e spontaneo dal cuore. 

Da questo «scrigno delle meraviglie», che raccoglie alcune registrazioni disponibili da tempo sul mercato giapponese, ma che in Europa appaiono solo ora in CD, estraiamo un paio di Sinfonie «Londinesi» che Richter registrò nel 1961 con i Berliner Philarmoniker. Ascoltandole, si ha immediatamente l'impressione di trovarsi davanti a un granitico Kappelmeister, che proviene dalla scuola di Hans Knappertsbusch. Una lettura del classicismo viennese mediata dallo studio di Wagner, ma soprattutto di Bruckner.

Una menzione tutta particolare merita il secondo CD del cofanetto, poiché raccoglie il recital solistico di una grandissima cantate, nota soprattutto per le sue interpretazioni mozartiane: il soprano Maria Stader. La leggerezza, ricca d'intensità, di Maria Stader traspare attraverso alcune arie dalle Passioni di Bach, e dal Messiah di Händel. Ma, le vette più alte sono raggiunte nelle due arie di Gabriele dalla Creazione di Haydn. Un cesello di note sorrette con grazia e morbidezza dal timbro della Münchner Bach-Orchester. Mentre, nella Cantata di Alessandro Scarlatti Su le sponde del Tebro, spiccano agilità e cura per l'affetto testuale. 

Il recital organistico di Richter (quinto CD), riesce a dare l'idea di che cosa fosse per lui il suo strumento. Non solamente l'austero e grave supporto ai Sacri Riti, ma uno strumento solistico, al pari del pianoforte, con cui l'interprete potesse incantare il pubblico. Richter riusciva a ricreare nelle grandi sale da concerto la malinconia delle tarde opere di Mozart, come la Fantasia nella patetica tonalità di Fa minore, e subito dopo immergersi nel virtuosismo, dando sfoggio della propria invidiabile tecnica. Gli piaceva dare spettacolo, come nel Preludio B-A-C-H di Liszt, mentre si stava sedendo, prima ancora di essere sulla panca, suonava il Sib iniziale col piede destro, intanto inseriva i registri, e, solo all'ultimo saltava con le mani sulle tastiere. Lo stesso effetto si può ritrovare nella presente registrazione (quel Sib tenuto più del dovuto, fa pensare proprio a questo!). Le sue inesauribili combinazioni di impasti sonori, l'abilità nel combinare i registri ottenendo sonorità originalissime, le possiamo ritrovare nei Corali di Brahms. In molti di essi, Richter stravolge la partitura con delle soluzioni originali, ma assolutamente convincenti. Come nei Corali manualiter Schmücke dich ed Es ist en Ros'entsprungen (nel primo suona il cantus firmus isolatamente con un'ancia dolce al pedale e le rimanenti parti alla tastiera, mentre nel secondo l'ancia è al soprano ed il basso è affidato al pedale). La stessa «arte della registrazione» la ritroviamo nei pezzi per cembalo, il quale viene trattato alla stregua di un organo. Che meraviglia la profondità del 16 piedi, il tintinnio del 4, e il pizzicato del liuto  azionati dalla registrazione a pedali del «modello Bach» di Neupert. Le Goldberg, nella versione del 1970, sono da considerare ancora oggi tra le edizioni di riferimento.

Potremmo continuare a lungo ad elogiare l'universalità musicale di Richter, la sua spontanea «romanticizzazione» della musica barocca, il grande merito di avere fatto di Monaco di Baviera una seconda Lipsia. Ma, concludiamo ricordando l'eredità di un interprete per il quale la musica è soprattutto creatività ed ispirazione, non solo mero calcolo intellettuale, e va padroneggiata innanzitutto con il cuore. In un periodo storico molto importante per l'esecuzione della musica barocca, la seconda metà del '900, in cui cominciavano ad affacciarsi coraggiosi personaggi pronti a perseguire la prassi esecutiva dell'epoca, con l'ausilio della trattatistica coeva, degli strumenti originali e di organici vocali-strumentali a parti reali (Gustav Leonhardt, Frans Brüggen e Nikolaus Harnoncourt, in primis); Richter sosteneva apertamente che la cosiddetta «filologia» non doveva essere un fine, ma, semmai un mezzo per poter raggiungere il messaggio del compositore. 

Ed il mezzo per raggiungere il messaggio bachiano assolutamente legittimo - al pari della prassi esecutiva per la prima generazione di «filologi» - era, per il sensualista Richter, la severità di un coro mastodontico, un organico strumentale di tipo sinfonico, un cast vocale dal sapore wagneriano, guidati con mano ferma da un organista intriso di autentica «tradizione». Una «tradizione» rappresentata dalla stirpe di cantori ed organisti alla cui scuola Richter si era pasciuto: da Ramin a Straube, da Reger a Liszt, a Mendelssohn, e via via a ritroso sino a Johann Sebastian Bach. 

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