Protagonista assoluto è il clavicembalista bresciano Michele Barchi che mediante i suoi strumenti (è proprio il caso di dirlo, perché oltre a suonarli, li ha pure costruiti) svela le connessioni musicali tra la sua città, la «Leonessa», e la «Serenissima».
Il compositore salodiano Ferdinando Giuseppe Bertoni (1725-1813), fu allievo di Giovanni Battista Martini, divenne in seguito primo organista della Basilica di S. Marco a Venezia, direttore dell'Accademia filarmonica di Bologna, ed entrò in contatto diretto con il giovane Mozart e Johann Christian Bach. A Venezia ebbe molti allievi, tra i cui il nipote Ferdinando Gasparo Turrini (1745-1812/1829) e Giovanni Battista Grazioli (1746-1828), - anch'essi nati sulle rive del Garda - quest'ultimo, poi, divenne suo successore come organista della Basilica Marciana, quando il Maestro passò alla direzione della Cappella musicale.
Barchi propone ben sette composizioni dei sopraccitati compositori bresciani (2 Sonate del Bertoni e del Turrini e 3 del Grazioli), tutte Sonate dal chiaro idioma Galante, ampiamente proiettato verso il Classicismo, in perfetto «stile veneziano». Uno stile che ha avuto precedenti illustri in figure come Giovanni Benedetto Platti (1700-1762); Giovanni Battista Pescetti (1704-1766) Baldassare Galuppi (1706-1785), entrambi allievi di Antonio Lotti (1667-1740) ed apprezzati da Benedetto Marcello (1686-1739) ed impiegati a S. Marco a Venezia (il primo come organista il secondo come maestro di Cappella).
Ed anche di questi autori Barchi propone una Sonata per ciascuno, ma non è finita qua, poteva mancare Vivaldi? Naturalmente no, e compare con il terzo Concerto da L'estro armonico nella trascrizione per tastiera di Johann Sebastian Bach (BWV978); non dimentichiamo poi che il padre di Antonio, Giovanni Battista Vivaldi, era di origini bresciane! Ed anche Benedetto Marcello passò gli ultimi anni della sua vita a Brescia.
Nella splendida cornice di Villa Bettoni a Bogliaco di Gargnano (Bs), Federico Savio ambienta il suo film, in cui accanto a preziosi dettagli pittorici degli strumenti a pizzico e della Villa, trovano posto raffinate e crepuscolari inquadrature paesaggistiche.
Gli strumenti suonati in maniera molto precisa, pulita e brillante, con un controllo esemplare del tocco, sono tre: un clavicembalo italiano a due manuali (Michele Barchi, Ghedi, 1985); un clavicembalo italiano a un manuale (Michele Barchi, Emilio Lorenzoni, Corvine di Gambara, 1984) con la meccanica regolata in modo da rendere possibile in parte l'azione del tocco sulla dinamica sfruttando la maggiore distanza di movimento di pizzico del registro secondario; ed una spinetta italiana rettangolare (Michele Barchi, Ghedi, 1984).
Qualità video ed audio eccezionali ed un bonus in cui il Barchi presenta la possibilità di ottenere la dinamica sopra un particolare tipo di cembalo, copia di Gerolamo Zenti, riportato in un Inventario Mediceo del 1700. Libretto e sottotitoli in quattro lingue (italiano, inglese, francese e tedesco).
Un prodotto che davvero mancava nel panorama video-discografico legato al cembalo: non solamente i Bach, i Couperin o Frescobaldi, ma anche i cosiddetti «compositori minori», possono far risaltare le particolari sonorità di uno strumento, che come l'organo, non si è mai standardizzato (cambiando nella cronologia temporale non solo da nazione a nazione, ma anche da regione a regione), assecondando un repertorio assai variegato.
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