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mercoledì 8 ottobre 2008

L'organico vocale da impiegare per l'esecuzione della musica corale di Johann Sebastian Bach: a parti reali o con raddoppi? (1)


       All'inizio degli anni Ottanta del Novecento lo studioso americano Joshua Rifkin portò all'attenzione degli “addetti ai lavori” una propria rivoluzionaria testi riguardante l'esecuzione della musica corale di Johann Sebastian Bach.

Dopo un meticoloso studio compiuto sulle parti autografe utilizzate dagli strumentisti e dai cantori diretti da Bach a Lipsia, Rifkin giunse alla conclusione che il Kantor scrisse le sue Cantate (ma anche la Messa in si minore e la Passione secondo Matteo) non per coro, bensì per solisti.

L'idea di un'esecuzione “a parti reali” della musica per coro di Bach, attirò subito le perplessità di alcuni esperti in materia, come Christoph Wolff.

Rifkin, reduce da un minuzioso studio sui testimoni musicali della Messa in si minore, finalizzato alla registrazione discografica che nel 1981 consegnò ai microfoni dell'etichetta Nonesuch (e che solamente nel 2006 consegnò alla stampa, licenziando una corposa edizione critica della Messa per Breitkopf und Härtel) era ed è tuttora convinto che Bach utilizzasse solamente un cantore solista per registro vocale. 

Ciò lo ha potuto evincere dall'analisi delle parti originali per l'esecuzione di Dresda (1733) recanti in calce l'indicazione «soli»; del tutto assenti sono invece le indicazioni delle parti in «ripieno». 

I «ripienisti», la cui esistenza è suffragata da importanti fonti trattatistiche coeve, come il Musikalisches Lexikon di Johann Gottfried Walther (cugino di Bach), per Rifkin cantavano quasi esclusivamente nei corali conclusivi delle Cantate sacre.

La principale obiezione sollevata nei confronti della teoria di Rifkin (ampiamente abbracciata sin dall'inizio anche da Andrew Parrot, che nel 2004 ha pubblicato un volume dal titolo The essential Bach choir, in cui trova posto un fondamentale contributo di Rifkin) è quella che, se Bach ne avesse avuto l'occasione, avrebbe sicuramente impiegato un organico corale massiccio per l'esecuzione dei suoi lavori corali. 


Prova di tale considerazione è la lettera autografa di Bach (1730) indirizzata al Concilio Municipale di Lipsia, «Entwurf», sull'andamento di una musica sacra-liturgica ben regolata.


[Continua]

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