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lunedì 11 agosto 2008

Memorie di grandi pianisti in concerto (2): Radu Lupu



Un più che mai affollato Teatro A. Ponchielli (Cremona) ha potuto soddisfare la grande e crescente smania di ascoltare un recital pianistico come pochi oggigiorno si possono captare.


Fiero ed imponete, con una barba sempre più lunga e canuta Radu Lupu si è seduto al pianoforte, assumendo una posizione talmente dominatrice e rapita da ricordare la silhouette di Johannes Brahms alla tastiera. Una frazione di secondo per raccogliere la concentrazione e subito lo scarno e conciso tema, quasi un motto, delle Variazioni in do minore di Ludwig van Beethoven cede il passo ad una serie di 32 Variazioni che, seppur nutrite, conservano sempre quel carattere scabro e grezzo in grado di mostrare la forma musicale ed il processo compositivo. 


Il Beethoven di Lupu è tutt’altro che freddo e granitico. Pur non abbandonandosi ad un edonismo sonoro, il suo pianismo riesce a mettere in luce una forte componente cantabile (soprattutto nella Sonata op. 101) unita ad una forma di rubato e ad un uso compiaciuto del pedale assai peculiari. Tutto ciò costituisce un carattere personalissimo e per nulla stereotipato del pianismo beethoveniano di Radu Lupu. 
Accanto al repertorio che gli è più congeniale (rappresentato dal Classicismo viennese), nella fattispecie da Beethoven, l’artista rumeno ha proposto due capisaldi del pianismo d’inizio Novecento, tra di loro eterogenei ma entrambi resi al pubblico in maniera eccelsa. 


La Sonata op. 1 di  Alban Berg ha seguito le Variazioni in do minore di Beethoven, così come l’intera prima serie dei Préludes di Claude Debussy ha seguito la beethoveniana opus 101. La scrittura pianistica di Berg, di idioma post-wagneriano, ha fatto da pendant alla musica di Debussy, dichiarata reazione a Wagner ed ai suoi epigoni, ma sicuramente debitrice al tanto criticato Tristan


E’ proprio nella musica di questi ultimi compositori, poco frequentati da Lupu, che emergono le vette più alte del suo pianismo. Una straordinaria capacità di concentrazione e di identificazione nell’opera  hanno contraddistinto la lettura dei 12 Préludes di Debussy, eseguiti senza soluzione di continuità e con fedele ispirazione ai testi evocatori posti dal compositore alla fine di ogni preludio, reminiscenze di un’arcana ed evanescente impressione. 

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