Marco Enrico
Bossi (1861-1925), Opera
Omnia per organo. Organista
Andrea Macinanti,
casa discografica TACTUS (www.tactus.it) [voll. I-IX]
casa discografica TACTUS (www.tactus.it) [voll. I-IX]
L'organista
compositore Marco Enrico Bossi gode, senza remore, dell'appellativo
di 'Principe degli organisti' riconosciutogli per i suoi portati
creativi tra Otto e Novecento e testimone della epopea universale
organologica dello strumento. Il suo viaggio nel nome dell'amato
organo ha inizio nel 1879 sin dagli anni di studio realizzati presso
il Conservatorio di Milano con la composizione della Suonata
per organo e si concluderà con la Fantasia
sinfonica op. 147 per organo ed orchestra.
Un'esperienza creativa vissuta all'insegna dell'irrequietezza
inventiva, dell'ambizione coltivata per 'seguire il passo dei tempi,
dell'orgoglio per affermare la scuola italiana per troppo tempo
esistita 'cenerentola' rispetto ad altre scuole europee più
emancipate, della sensibilità per esprimere un proprio gergo
intessuto di nobiltà e di accenti personali.
Delle decine
di opere che popolano il catalogo soltanto alcune hanno avuto l'onore
della conoscenza, non fosse altro per l'inserzione di esse nei
programmi ministeriali del piano di studi dei Conservatori di musica.
Dopo la sua scomparsa, avvenuta repentinamente nel 1925, una coltre
di silenzio è scesa sui suoi parti creativi letti maldestramente
dagli organisti protesi verso l'esaltazione dei credo d'oltralpe e
frustrati immotivatamente dal portato del nostro. Di conseguenza si è
affermata l'ignobile convinzione che la scuola italiana dell'organo
avesse partorito esclusivamente le geniali intuizioni di Girolamo
Frescobaldi, peraltro organisticamente riducentesi ai Fiori
musicali.
Ma è
l'editoria internazionale che ha tributato, con l'edizione delle sue
composizioni non esclusivamente organistiche, il doveroso
riconoscimento ad attestazione dell'ammirazione per il protagonista
della risurrezione linguistico-organistica italiana e per la crescita
della creatività dedicata all'organo a livello universale.
Al presente
il mondo dell'organo, ancora succube di un'esterofilia quasi
fanatica, deve scoprire con disonorevole ritardo, incredibilmente, i
portati di colui che ha dato voce al 're degli strumenti', ammirato
dai suoi contemporanei, dimenticato dai posteri. A questa tristissima
realtà, che vede l'Italia musicale irresponsabilmente irriconoscente
nei confronti di un suo figlio 'grande' universalmente l'organista
Andrea Macinanti pone concretamente rimedio con un gesto importante,
complesso e di alta levatura interpretativa realizzando l'incisione
delle sue opere per organo, gesto resosi possibile grazie alla
sensibilità ed alla lungimiranza della casa discografica Tactus di
Castenaso (BO).
Parecchi sono i pregi riscontrabili: il riferimento
agli autografi bossiani stante varie divergenze esistenti
inspiegabilmente tra essi e le edizioni a stampa, che ebbero di certo
il placet dell'autore,
l'impiego di organi storici in sintonia con il pensiero del nostro,
il rispetto per il segno, condizione indispensabile per una
ricreazione sincera del discorso musicale e l'impronta interpretativa
tesa alla instancabile ricerca della verità contenutistica ed
espressiva. Quest'ultimo aspetto è quello che può aver generato
nell'interprete una problematica pesante, che è riconducibile ad un
interrogativo: in qual modo Bossi, interiormente, 'sentiva' suonare
la sua creatività organistica contornata da irrequietezze
(l'insoddisfazione frequente per i riferimenti ad organi 'ideali'
fragilmente supportati da esemplari italiani ed europei fortemente
connotati) e da dubbi?
Il coraggioso ed autorevole interprete si è
posto sicuramente questo problema ed ha operato responsabilmente per
dirimerlo anche alla luce di documenti sonori esistenti (le
pionieristiche incisioni sopra rulli per organi a riproduzione), od a
testimonianze inerenti la sua arte interpretativa. L'esito, occorre
evidenziarlo, è fortemente positivo e pone un punto fermo nella
storia dell'organo italiano, ma costituisce anche un ammirevole atto
di coraggio, quasi provocatorio, tendente a scuotere dal torpore non
giustificabile un mondo organistico nazionale che ha avuto, ed ha, il
torto di aver tradito, senza motivazioni, il 'Principe degli
organisti'.