Translate

lunedì 15 dicembre 2014

INTERVISTA A GIULIO PIOVANI SULLA REGISTRAZIONE DEGLI OPERA OMNIA ORGANISTICI DI VINCENZO ANTONIO PETRALI






Maestro Piovani come è nata l’idea di dedicarsi alla registrazione degli opera omnia per organo di Vincenzo Antonio Petrali da Crema? 

Ho scoperto la musica di Petrali non più tardi di dieci anni fa, grazie a una registrazione dell’Allegretto per Clarinetto – nobile e seducente pagina, intrisa di eleganza – effettuata da Roberto Cognazzo. Negli anni successivi ho approfondito le mie conoscenze grazie ai master tenuti dal compianto Massimo Nosetti (1960-2013) presso l’Accademia di musica sacra di S. Rocco ad Alessandria e contemporaneamente ho cercato di raggruppare l’intera produzione del Petrali. La crescente consapevolezza dell’immensa statura artistica del musicista cremasco unita all’incredulità per l’oblìo in cui la sua ricca produzione era caduta mi hanno fatto considerare la possibilità di realizzare la prima incisione completa dell’opera a stampa per organo. 


Possibilità che la casa discografica Tactus ha dunque reso tangibile... 

Tactus ha raccolto con sensibilità la sfida di questo progetto, ma non è stata la sola ad avervi investito: va citato il concorso determinante del Lyons club di Valenza, che già trent’anni prima aveva finanziato il restauro del Serassi del locale Duomo (dove si è realizzata buona parte dell’incisione); così come le aziende organarie F.lli Marin e Brondino-Vegezzi Bossi, che hanno curato la manutenzione dei relativi strumenti e offerto gratuitamente assistenza tecnica durante le registrazioni. Progetti così importanti in un mercato “di nicchia” come quello organistico possono essere realizzati solo con una coralità di investimenti e quelli dei musicisti sono sempre i più estenuanti, benché artisticamente appaganti. 


Sembra che il nome di Petrali – famoso in tutto il Regno come «il principe degli organisti italiani» – sia oggi quasi del tutto assente dalla storia della musica còlta... 

Sì, dal punto di vista bio-bibliografico a tutt’oggi – purtroppo – non sono state ancora condotte ricerche approfondite sulla produzione del Nostro. Pur essendo assai noto agli organisti, il Petrali lasciò anche moltissima musica per diverse formazioni, tra i suoi meriti artistici va senz’altro annoverato quello di aver prodotto i primi esempi di musica da camera del Romanticismo strumentale italiano, come il Quartetto in sol maggiore e la meravigliosa Sonata per violino e pianoforte. 


Potrebbe spiegare brevemente il ruolo ricoperto dal Petrali all’interno della storia della musica italiana dell’Ottocento? 

Petrali non ebbe una vita lunga – morì a soli 59 anni – ma fu genio precoce e ben presto si impose come figura dominante nella seconda metà dell’Ottocento. La sua produzione musicale può essere distinta in due fasi separate: la prima afferisce in modo pieno all’estetica dell’organo bandistico-teatrale e culmina con il compendio musicale al trattato Norme generali di utilizzo degli organi moderni di G. Castelli (gerente della famosa fabbrica organaria Serassi di Bergamo) e i successivi tre volumi di Studi per l’organo moderno; la seconda è ispirata dagli ideali della Riforma ceciliana, conseguentemente da un senso di religiosità più severo e mistico. Il cambiamento di scrittura – talvolta contraddistinto anche da un uso fitto del contrappunto – è accompagnato da un mutamento dell’ideale sonoro e costruttivo degli strumenti a canne i quali cominciano ad avvicinarsi ai modelli d’Oltralpe. 


Si può dunque asserire che esiste un intrinseco del legame tra la musica di Petrali e gli strumenti per i quali fu pensata? 

Petrali crebbe in un contesto estetico già consolidato – quello dell’organo risorgimentale di matrice serassiana – tuttavia tra la produzione tardiva e i nuovi strumenti da egli direttamente progettati, (come il Locatelli del Liceo Musicale “Rossini” di Pesaro, dove dal 1882 il Petrali fu docente di organo, armonia, pianoforte, contrappunto, composizione e strumentazione) vi è un legame molto stretto. In quegli anni di sperimentalismo l’organaria italiana era alla ricerca di una nuova identità che potesse in qualche modo conciliare i tratti tradizionali con l’esigenza di aprirsi a un contesto continentale. Per questo motivo, purtroppo, si conservano ben pochi strumenti veramente aderenti all’estetica dell’ultima pendice della produzione di Petrali. Emblematico il caso della Sonata per organo pieno – esperimento essa stessa di sintesi tra antico e moderno – la cui assenza di indicazione di registrazione per l’esecuzione (al contrario di tutta la precedente produzione per organo) lascia aperta una finestra verso una futura evoluzione.