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domenica 10 maggio 2009

Jeanne Demessieux (1921-1968): Opera omnia per organo




Tra gli allievi più noti a livello mondiale che uscirono dalla «rigorosa» scuola di Marcel Duprè, spicca il nome di Jeanne Demessieux (1921-1968) che studiò privatamente col Maestro tra il 1936-39. E proprio a lei è dedicato l'ultimo DVD realizzato da Federico Savio per FUGATTO, contenente l'opera omnia per organo eseguita da Maxime Patel al grandioso organo «Jann» della Basilica di Waldsassen (prima registrazione mondiale in video).


Sebbene la carriera della Demessieux sia stata stroncata precocemente da un male incurabile (poco prima di consegnare ai microfoni della Decca una integrale della musica per organo di Olivier Messiaen), ella compose un cospicuo corpus organistico: Nativité, op. 4 (1943-44), Six Études, op. 5 (1944), Sept Méditations sur le Saint-Esprit, op. 6 (1945-47), Twelve Choral-Preludes on Gregorian Chant Themes, op. 8 (1947), Te Deum, op. 11 (1957-58), Répons pour les Temps Liturgiques (1962-66) e Prélude et Fugue en Ut, op. 13 (1964). 

La raccolta che diede un notevole progresso alla tecnica organistica, già ampiamente evoluta grazie a Dupré, fu la serie dei Six Études, op. 5. Dei veri e propri esercizi di bravura in cui la tecnica del pedale viene esaltata al massimo. Maxime Patel esce vincitore da questo arduo banco di prova e la dettagliata regia di Savio ne mette in evidenza la grande spettacolarità. Questi sono brani da suonare, non nascosti in cantoria, bensì davanti al pubblico, poiché vivono di spettacolarità. Sentire tale musica, senza vedere i piedi dell'esecutore, significa perdersi più della metà del godimento. Attenzione, però, i Six Études non sono aridi e fine  a se stessi, in essi non manca mai musicalità e maestria compositiva. 


Personalmente la mia preferenza va, però, alle composizioni su cantus firmus, in particolare ai Twelve Choral-Preludes on Gregorian Chant Themes, sicuramente all'altezza delle grandi raccolte di corali organistici della storia della musica. 

La suggestiva ed assai curata regia di Savio, ritrae il virtuoso Patel alle due consolles (meccanica ed elettrica) del grandioso organo di Waldsassen, con qualche raffinata digressione all'interno del magnifico e sontuoso Tempio Sacro. Le qualità audio e video sono ottime, anche il menu è ben costruito; il libretto (in lingua inglese, francese e tedesca) scritto da Patel stesso è ricco di utili informazioni sulla musica della Demessieux. 


Questo pregevole prodotto va così a colmare una grave lacuna all'interno della discografia per organo, anzi il video (come dicevo prima) rende ancor più giustizia alle grandi opere di un'autentica poetessa dell'organo.

Preludio d'organo (giugno 2009)




PRELUDIO D'ORGANO

IN SAN LUCA

Giuseppe Rotelli (1901)


6 giugno 2009 ore 17, 30




PROGRAMMA



Johann Sebastian Bach (1685-1750)


- Fantasia in Sol BWV 572

- Liebster Jesu, wir sind hier BWV 731

- Christ lag in Todesbanden BWV 625




Marcel Dupré (1889-1971)


- Veni Sancte Spiritus op. 28, n° 47

- Antiphon III: Nigra sum sed formosa, filiae Jerusalem

- Antiphon V: Speciosa facta es et suavis (15 Versets sur les Vepres de la Vierge op. 18)



***



Michele Bosio, organo

sabato 2 maggio 2009

Bach secondo Walcha






Autentici «mostri sacri» della storia della ricezione bachiana nel Novecento, come Helmut Walcha (1907-1991) e Kal Richter (1926-1981), si formarono alla scuola del leggendario Thomaskantor Günther Ramin (1898-1956), a sua volta formatosi alla scuola di Karl Straube (1873-1950) e Max Reger (1873-1916). Ovvero alla prestigiosa tradizione sinfonico-romantica di Lipsia, alla cui base sta nientemeno che la mess’in scena della Matthäus Passion di Johann Sebastian Bach da parte di Felix Mendelsshon-Bartholdy (Berlino, Singakademie, 11 marzo 1829), simbolo romantico della Bach-Renaissance


La pionieristica operazione di Mendelsshon, definita a quel tempo «archeologica», seminò i germi della coscienza storico-musicale propria del Romanticismo in senso lato, e portò in seguito rigogliosi frutti, quali la fondazione a Lipsia della Bach-Gesellschaft. Sorta nel 1850 tale società aveva come scopo la pubblicazione dell’intero e sterminato corpus musicale di Johann Sebastian Bach. Tra il 1851 ed il 1899 vennero alla luce ben 60 tomi degli Joh. Seb. Bachs Werke (la prima pubblicazione, presso gli editori Breitkopf und Härtel, dell’opera omnia di Bach). Tra i nomi eccellenti della Bach-Gesellschaft sono da ricordare Otto Jahn e Adolph Bernhard Marx (tra i padri fondatori della Musikwissenschaft, ovvero della Musicologia) ed i celeberrimi compositori Robert Schumann e Franz Liszt, fautori di «una nuova epoca poetica».

Tutto questo per ricordare da dove provengono due personalità del calibro di Walcha e Richter, i quali hanno lavorato in ambiti diversi e con sensibilità differenti, ma che entrambi hanno vissuto l’intera loro esistenza nel nome di Bach.


Virtuoso d’organo e cembalo, Richter dette anima e corpo per la trasmissione delle opere vocali e orchestrali di Bach. Diresse innumerevoli volte, sempre a memoria e dal proprio cembalo, le Passioni, la Messa in si e l’Oratorio di Natale, il Magnificat e le Cantate, consegnando al disco un numero amplissimo di registrazioni (è da ricordare un’intera annata di Cantate, 75, registrata per Arkiv). Rimase sempre legato all’organo, purtroppo, non dedicò un gran numero di dischi ai capolavori per tastiera del Kantor, che pur eseguiva nella loro interezza.


Walcha, al contrario registrò l’integrale della musica per organo di Bach ben due volte, oltre all’integrale delle opere per tastiera (Emi, Arkiv). Per di più il suo interesse si rivolgeva sempre (al contrario di Richter) allo strumento musicale utilizzato, il più possibile vicino ai modelli degli organi e dei cembali dell’epoca di Bach. Fu davvero un pioniere in questo senso, poiché tra il 1947 ed il 1952 registrò la prima integrale (non sono state registrate alcune opere la cui autenticità all’epoca era messa in dubbio) dell’opera per organo di Bach sugli storici strumenti della Jakobi Kirche di Lubecca (Stellwagen, 1636) e della Peter und Paul Kirche di Cappel (Schnitger, 1679).

E la registrazione Membran ristampa proprio le matrici del 1947-1952. In seguito all’avvento della registrazione stereofonica, Walcha incise una seconda integrale per Arkiv (1956-1971) sugli storici organi della Laurenskerk ad Alkmaar (Schnitger, 1725) e di Saint-Pierre-le-Jeune a Strasburgo (Silbermann, 1780).


È quasi impossibile formulare un giudizio estetico su un simile monumento musicale, della cui indiscutibile grandezza si rimane davvero colpiti, in riverente ascolto! Walcha è un artista  straordinario capace di cogliere e trasmettere l’universale senso poetico della musica di Bach. Grazie alla profonda penetrazione musicale della partitura (Walcha era non vedente, ed anche per questo capace di una concentrazione assoluta) egli restituisce un testo «filologicamente» corretto. Non fornisce alcun orpello alla musica del Kantor, non si serve della musica, ma si mette al suo servizio. Nei grandi Preludi e Fughe i cambi di registro sono quasi del tutto assenti, limitatissimi. Il fraseggio impeccabile. L’estetica della registrazione vicina ad un  concetto «ante litteram» di prassi esecutiva.  Walcha restituisce chiarezza al tessuto polifonico e colore a quello armonico. E che dire poi della scelta di eseguire i IV Duetti della terza parte della Clavier-Übung sul cembalo? Uno strumento costruito da Hammer di Amburgo sul modello di strumenti fiamminghi del XVIII sec., e non il tanto apprezzato «modello Bach»  della Neupert di Norimberga (molto utilizzato da Karl Richter e Ralph Kirkpatrick, solo per citarne alcuni).

venerdì 1 maggio 2009

M. E. BOSSI «Opera omnia per organo voll. I-II




L'etichetta bolognese TACTUS non rinuncia a stupirci, infatti si è recentemente imbarcata nel promettente progetto di registrazione integrale delle opere per organo di Marco Enrico Bossi (1861-1925), il più grande organista-compositore italiano del Novecento - definito da Ettore Bontempelli «Organista Principe», nella duplice accezione di primo organista d'Italia, ma anche di nobile esecutore - appezzato, pubblicato ed eseguito non solo in Europa, ma anche negli Stai Uniti.

Tale meritoria impresa discografica si sposa con la pubblicazione in edizione critica degli opera omnia per organo di Bossi promossa dall'editore Carrara di Bergamo (giunta ora al sesto volume) ed affidata ad un comitato di specialisti quali: Andrea Macinanti, Francesco Tasini, Wijnand van de Pol e Luca Salvadori. Ed è proprio l'organista bolognese Andrea Macinanti l'accurato interprete di questi eccezionale dischi. Novità discografiche (in verità Sposalizio, Missa Pro Sponso et Sponsa e Westminster Abbey - Hymn of Glory erano già apparsi in un disco TACTUS dal titolo «Musica nuziale») che ci forniscono la gradita occasione di ricordare ai nostri lettori un artista di assoluto valore, ma ancora poco conosciuto.


Figlio d'arte (il padre Pietro era organista e compositore, mentre la madre Celestina Dognini era la figlia del compositore Fedele Dognini), M. E. Bossi nacque a Salò sul Garda (Bs) il 25 aprile del 1861. Nel 1863, dalla nativa Salò, dove il padre ricoprì per alcuni anni l'incarico di organista della Cattedrale e direttore del corpo bandistico, passò a Morbegno (So). Nel 1871 venne mandato insieme al fratello maggiore Costante Adolfo al Liceo Musicale di Bologna. Dopo due anni Marco Enrico passò al Conservatorio di Milano a studiare pianoforte con Francesco Sangalli (1820-1892) e violino. Studiò anche composizione con Amilcare Ponchielli (1834-1886) e Cesare Dominiceti (1821-1888); mentre per l'organo gli fu maestro Polibio Fumagalli (1830-1900). Nel 1879 ottenne il diploma di pianoforte, nel 1881 pure quello di composizione e vinse il concorso «Bonetti» con l'opera in un atto Paquita. Nel frattempo affinò sempre più lo studio dell'organo recandosi più volte all'estero ed entrando in contatto con grandi maestri, ma non si diplomò perché in Italia a quel tempo vigevano metodi antiquati per tale strumento, che di lì a poco egli avrebbe totalmente rivoluzionato.


Dal 1881 al 1890 fu maestro di cappella e organista della Cattedrale di Como. In questo periodo (1882) sposò Cristina Brunoli, dalla quale ebbe due figli: Renzo Rinaldo (1883-1965) - compositore e direttore d'orchestra - e Zita. Ed è proprio per il matrimonio di Zita Bossi e Fortunato Gardella celebratosi a Como, che Marco Enrico compose nel 1911 i due brani che formano lo Sposalizio op. 134: il primo costituito da un raffinato impasto timbrico tra violino, violoncello arpa e organo, il secondo da un festoso Grand-Choeur per organo solo. In questo suggestivo dittico Macinanti (all'organo Serassi-Vittino della Cattedrale di Saluzzo) è affiancato da tre validi partner: Marco Bianchi (violino), Manuel Zigante (cello) e Federica Mancini (arpa).


Nel 1890 Bossi vinse il concorso per la cattedra di organo e di armonia al Regio Conservatorio di Napoli. Da quella sede si batté per ottenere riforme tecniche nella costruzione degli organi, affinché si potesse far conoscere anche in Italia la grande letteratura organistica tedesca e francese, a quel tempo impossibile da eseguirsi sugli strumenti «nostrani» dalla fisionomia bandistica. La lotta intrapresa dal Nostro per lo studio serio e cosciente della musica per organo e dell'organo in Italia, così da uniformare anche i vecchi programmi dei conservatori italiani sul modello delle gloriose scuole transalpine, si concretizzò con la pubblicazione di un volume scritto insieme a Giovanni Tebaldini (1864-1952) dal titolo Metodo teorico pratico per organo. Ed è proprio insieme a quest'ultimo che nel 1893 compose la Missa pro defunctis op. 83, in memoria di Vittorio Emanuele II, poco più tardi compose autonomamente la brevissima, seppur intensa, Missa Pro Sponso et Sponsa op. 110 (Graduale, Offertorio e Communio) per le nozze di Vittorio Emanuele III con Elena Petrovich, il cui brano più famoso è appunto la Marcia Nuziale Savoia-Petrovich. Davvero buona la coesione tra le voci della Società Corale «Città di Cuneo» diretta da Andrea Bissi, nonché il puntuale accompagnamento di Macinanti.


Fra gli anni 1896 e 1902 il Bossi fu a Venezia come direttore del Liceo Musicale «Benedetto Marcello», ove insegnò anche organo e composizione. Nella città lagunare ebbe modo di intessere solidi rapporti di stima ed amicizia con Lorenzo Perosi (1872-1956) «il Johann Sebastian Bach d'Italia», dal 1895 maestro di cappella a S. Marco. La stima fu assolutamente reciproca, ma Bossi si spinse al punto di ricavare due corpose trascrizioni per organo dai perosiani oratori La Passione di Cristo secondo S. Marco e La Trasfigurazione di N. Signore Gesù Cristo, entrambe pubblicate da Ricordi nel 1899. Le variegate sonorità dell'organo Vegezzi-Bossi (1916-1936) della Cattedrale di S. Giusto a Susa - uno strumento ideale per l'esecuzione della letteratura romantica e ceciliana - vengono esaltate al massimo dall'appassionata e vibrante lettura del maestro bolognese.


Ritiratosi Giuseppe Martucci (1856-1909) dalla direzione del Liceo Musicale di Bologna, per designazione dell'illustre uscente venne chiamato a succedergli nella carica e nell'insegnamento della composizione. Mantenne quest'incarico dal 1902 al 1911. Fu proprio in questo periodo che venne alla luce una tormentata opera come Jeanne d'Arc, una sorta studio preparatorio per organo in seguito riutilizzato nella penultima scena della Johanna d'Arc op. 135 (opera in un prologo e tre parti su libretto di Luigi Orsini). Questo drammatico poema sinfonico per organo dalla scrittura molto densa è stato restituito ai nostri giorni grazie all'accurato studio ed all'esecuzione partecipata di Andrea Macinanti all'organo Vegezzi-Bossi (1902) della Cattedrale di Aosta.


L'attività di concertista e compositore, acclamato in tutto il mondo, stava assorbendo sempre di più M. E. Bossi, sennonché decise di rinunciare alla carica direttoriale a Bologna e si ritirò a Breccia (Co). Nella quiete della montagna ebbe tempo per dedicarsi totalmente allo studio ed alla composizione sino al 1916, quando assunse la direzione del Liceo Musicale «Santa Cecilia» a Roma. Nella «città eterna» esercitò tale carica sino al 1922, anno in cui decise di dedicarsi esclusivamente alla sua libera attività di organista e di compositore.


Nell'estate del 1924 si ritirò a Breccia per prepararsi ad una serie di concerti negli Stati Uniti. Si imbarcò sul piroscafo «Conte Verde» il 18 novembre del 1924. Durante la sua permanenza in America fu colpito da una terribile otite che non gli dette mai tregua, ma nonostante ciò non mancò mai ai suoi appuntamenti musicali. Alla fine di questa trionfale tournée, la mattina del 19 febbraio 1925 si imbarcò sul piroscafo francese «De Grasse». Poco dopo la partenza il Maestro si sentì male, nel giro di poco tempo le sue condizioni si aggravarono moltissimo ed il 20 febbraio morì in viaggio per l'Italia a causa di un'emorragia cerebrale. La notizia, diffusa in tutto il mondo, produsse un senso di unanime compianto. L'Italia pianse - dopo Ferruccio Busoni (1866-1924) morto a Berlino e Giacomo Puccini (1858-1924) morto a Bruxelles - il suo «organista principe», anch'egli spirato lontano dalla tanto amata patria.