Michele Bosio (2014)

Michele Bosio (2014)

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martedì 17 marzo 2009

Collana discografica «ANTICHI ORGANI DEL CANAVESE» Delle Edizioni Leonardi di Milano


L'organo della Chiesa di Santa Maria Assunta a Montanaro (To)


1) ORGANI STORICI ALESSANDRO MENTASTI 1884 OP. 70 - 1892

tromba, Ercole Ceretta

organo, Roberto Cognazzo

EDIZION LEONARDI LOCD020


2) ARTE ORGANARIA A CENTALLO: LA FAMIGLIA VITTINO

organo, Roberto Cognazzo

EDIZION LEONARDI LOCD026


3) ORGANO FRATELLI SERASSI 1821 OP. 385 - CHIESA DI S. MARTINO VESCOVO - AZEGLIO (TO)

clarinetto basso, Rocco Parisi

organo, Roberto Cognazzo

EDIZION LEONARDI LOCD029


4) ORGANO FRATELLI LINGIARDI 162 OP. 128 - CHIESA DI S. MARIA DELLA CONSOLAZIONE - COCCONATO (AT)

organo, Roberto Cognazzo

EDIZION LEONARDI LOCD039


5) ORGANO GIUSEPPE RAMASCO 1770 - CHIESA DI S. ANTONIO - BIELLA/CHIAVAZZA

organo, Walter Savant-Levet

EDIZION LEONARDI LOCD015


6) ORGANO GIOVANNI BRUNA 1793-95 - CHIESA DI S. SILVESTRO PAPA - CHIAVERANO (TO)

organo, Walter Savant-Levet

EDIZION LEONARDI LOCD033


7) ORGANO CARLO VEGEZZI-BOSSI 1891 - CHIESA DI S. FRANCESCO - TONENGO DI MAZZE' (TO)

organo,Walter Savant-Levet

EDIZION LEONARDI LOCD037


8) ORGANO FRATELLI SERASSI 1821 OP. 385 - CHIESA DI S. MARTINO VESCOVO - AZEGLIO (TO)

organo, Massimo Gabba

EDIZION LEONARDI LOCD025


9) ORGANO FRATELLI SERASSI 1833-34 OP. 486 - CHIESA DI S. EMILIANO - CIGLIANO (VC)

organo, Massimo Gabba

EDIZION LEONARDI LOCD028


10) ORGANO GIOVANNI BRUNA 1793-95 - CHIESA DI S. SILVESTRO PAPA - CHIAVERANO (TO) - «Musica d'organo nel Regno Sabaudo»

organo, Daniele Sajeva

EDIZION LEONARDI LOCD034




Prima di addentrarci nella vera e propria recensione dei 10 CD tratti dalla serie «Antichi Organi del Canavese», dobbiamo fare un po' di luce sulla storia di questa lodevole iniziativa editoriale - tutta italiana - chiariamo subito che il Canavese è un'area geografica posta nella zona settentrionale della provincia di Torino, a nord-est della città, ed il suo centro principale è Ivrea.

La collana discografica «Antichi Organi del Canavese» delle Edizioni Leonardi di Milano, nasce nel 1996 da un’idea di Adriano Giacometto (storico dell'arte organaria) e Roberto Ricco (tecnico del suono) in seguito alla proposta della Pro Loco di Montanaro (To) di realizzare la registrazione del loro monumentale organo appena restaurato (questo disco, ora esaurito, aveva come protagonisti l'eclettico musicista monferrino Roberto Cognazzo ed il magnifico strumento dei fratelli Bruna riedificato nel 1872 da Giacomo Vegezzi-Bossi.

La filosofia della collana (giunta ora a ben 26 volumi realizzati con l'ausilio di 27 diversi organi storici) si può riassumere così: studio, diffusione e  valorizzazione dell’importante patrimonio organario canavesano, primo a livello regionale, tra i maggiori a livello nazionale.

Inoltre, dal 1999 «A.O.C.» ha attivato un proprio sito (http://www.antichiorganidelcanavese.it/) sul quale è possibile effettuare ascolti, nonché consultare articoli, testi e fotografie riguardanti gli organi storici del Piemonte. Autorevoli consensi lo hanno legittimato come il più importante sito territoriale italiano sugli organi storici, e noi gliene diamo sicuramente atto.


Venendo alla musica, cominciamo col parlare dei 4 CD realizzati da Roberto Cognazzo - “storica” colonna portante della serie - assolutamente imperdibili non solo per chi predilige l'Ottocento organistico italiano, ma anche per chi ama il melodramma ed esige dall'interprete musicalità, personalità e partecipazione emotiva.

Scorgendo i nomi di alcuni compositori eseguiti (Arditi, Marenco, von Suppé, Adam, Gomes, Offenbach, Délibes...) viene da chiedersi se questi siano stati anche autori di pagine espressamente organistiche. Ebbene, la risposta è no! E' l'interprete che assume il ruolo di maestro concertatore sfruttando al massimo le potenzialità degli organi-banda, ricchi di molti registri da concerto ed effetti tipici dell'organico strumentale impiegato nella musica operistica ottocentesca. Strumenti in cui accanto al classico Ripieno trovano posto numerosissimi strumenti da concerto, nonché svariati effetti rumoristici e coloristici, come la Banda turca, il Rollante, i Timpani, i Campanelli e le Campane (gli strumenti realizzati non solo dai celeberrimi organari bergamaschi Serassi, ma anche dai pavesi Lingiardi, dai novaresi Mentasti, dai cuneesi Vittino, etc.) 

Pianista, organista, musicologo e compositore, Roberto Cognazzo è uno dei pionieri della riscoperta dell'organo italiano ottocentesco, avvenuta nella seconda metà del Novecento grazie a figure quali Luigi Ferdinando Tagliavini  prima, Giancarlo Parodi ed Arturo Sacchetti poi. Nel corso del tempo si è adoperato per la diffusione della letteratura organistica, ma soprattutto si è dedicato ad orchestrare all'organo numerosi lavori operistici e sinfonici (molto in voga all'epoca ed oggi quasi dimenticati), come si usava fare nell'Ottocento. Si spiega allora la presenza di alcuni titoli inusuali come Il Gurany di Antonio Carlos Gomes, Marta di Friedrich von Flotow, Romilda e Costanza di Giacomo Meyerbeer o il balletto Excelsior di Romualdo Marenco. Musiche di raro ascolto nella versione originale, figuriamoci poi in trasposizioni organistiche!

Nella registrazione effettuata sul Lingiardi di Cocconato, Cognazzo esalta in maniera sublime la ricca tavolozza timbrica dello strumento sfoderando un programma che parte da brani danzanti come l'Ouverture da Leichte Kavallerie di Franz von Suppé, passando per l'incalzante Prélude da Carmen di Bizet (con tanto di colpo di Gran Cassa ad hoc), sino ad arrivare a sontuosi brani sinfonici come le Suites dal Lago dei cigni di Ciaikovskij e dal Peer Gynt di Grieg. Ma, l'autentico gioiello del disco è rappresentato dal Largo della Nona Sinfonia di Dvoràk in cui la cantabilità del Corno Inglese, la morbidezza dei Corni dolci  e della Flutta, il lirismo della Voce Umana rifulgono nella sua toccante interpretazione. Cognazzo è un artista che non si “risparmia” mai, suonando sempre con grande tensione, come se si trattasse di un concerto dal vivo.

Nella registrazione realizzata sul Serassi di Azeglio insieme all'organo possiamo ascoltare anche il clarinetto basso di Rocco Parisi (nel CD dedicato ai Mentasti c'era, invece, l'eloquente tromba solista di Ercole Ceretta) che per l'occasione si trasforma nella voce calda di un raffinato cantante. Buoni fiati, ottimo legato, agilità e chiarezza da vendere il tutto unito ad un forte senso del discorso musicale; tutte doti che non fanno rimpiangere le voci del Cardinale Brogni, Figaro, Tonio, Violetta, Amina, etc. Ancora, la Sinfonia da Romilda e Costanza - la prima opera italiana di Meyerbeer - viene incisa per la prima volta in questo Cd, pensate non da un'orchestra, bensì appropriata all'organo!


Proseguiamo parlando dei 3 CD del torinese Walter Savant-Levet, acuto e versatile interprete, molto “pulito” e brillante, sempre musicale. Nei due dischi antologici oltre a mostrare una coerenza stilistica davvero encomiabile - spaziando non solamente da epoca a epoca, ma anche da scuola a scuola - pone in risalto con grande maestria le peculiarità timbriche dei due preziosi organi settecenteschi (Giuseppe Ramasco e Giovanni Bruna). Peccato, però, per quella Gran Sinfonia dal Tancredi di Rossini, che mette a dura prova i “polmoni” del Bruna di Chiaverano! 

Eccezionale il CD dedicato ai francesi Louis  Lefébure-Wely e César Franck interpretati da Savant-Levet sul magnifico organo realizzato da Carlo Vegezzi-Bossi (1891) per la chiesa di S. Francesco a Tonengo di Mazzè (To). Come dicevamo, l'organo a canne in Italia veniva inteso in pieno Ottocento «a guisa di banda», mentre in Francia veniva recepito come un'orchestra, non ancora nel senso sinfonico del termine, bensì in grado di riprodurre l'organico tipico dei Ballet della Grand Opera. Ed è proprio Lefébure-Wely ad incarnare la figura di organista “alla moda” con i suoi brani ballabili e salottieri, piuttosto che caratteristici e descrittivi, alcuni dei quali Savant-Levet propone con grande eleganza. Quelli più famosi rimangono sicuramente Scène pastorale (brano idilliaco con tanto di flauti, zampogne, temporali...) e Fantasie sur La Flûte Enchantée de Mozart (fantasiosa parafrasi dei motivi più famosi tratti dall'opera - non dimentichiamo che Lefébure-Wely riscosse anche la stima di Liszt). L'anima romantica del Vegezzi-Bossi emerge, però, nei due capolavori di Franck, Pièce héroïque e Choral 3 en la mineur. Due poemi sinfonici per organo - il secondo dei quali è accostabile solo ai più  mistici capolavori di J. S. Bach - disegnati dall'organista torinese con uso del colore e senso della forma esemplari.


I 2 CD di Massimo Gabba comprendono: il primo, un'antologia di brani che vanno dal Barocco italiano e tedesco passando per il Classicismo italiano e viennese sino ad arrivare al Romanticismo Italiano. La cifra stilistica che contraddistingue la lettura dell'organista alessandrino è il rigore del tempo unito alla quadratura del discorso musicale. Di grande pregio musicologico, poi, l'inserimento di due brani di raro ascolto di Johann Simon Mayr (Preludio e Fuga in sol) e soprattutto due Versetti di Felice Frasi (1805-1879), compositore piacentino tra i più richiesti collaudatori d'organi d'Italia. Il secondo disco consegna, invece, una personale versione approntata da Gabba, dei Quadri di un'esposizione di Mussorgsky, ricavata compendiando l'originale versione per pianoforte e quella orchestrale di Ravel. Si tratta della prima versione registrata su un organo storico italiano - nella fattispecie il Serassi di Cigliano - del capolavoro mussorgskyano. Infatti, si conoscono diverse versioni organistiche approntate nel Novecento del Vecchio Castello, ma dell'intera opera si ricordano soprattutto quelle di Wills e di Guillou, entrambi concepite per grande organo sinfonico.


Il disco di Daniele Sajeva chiude la panoramica sul patrimonio organario del Canavese offrendo un inedito programma dal titolo «Musica d'organo nel Regno Sabaudo» in cui risuonano per la prima volta musiche di compositori locali, quali Ignazio Pacotto (1763-1834), Carlo Gervasoni (1762-1819), Carlo Prola, Luigi Felice Rossi (1805-1863), nonché di grandi che ebbero contatti col Piemonte (ad esempio il cugino di Couperin «le Grand» ed il giovane Mozart). Purtroppo, nonostante certe tonalità siano state trasposte a causa del temperamento mesotonico dell'organo Bruna, molti brani appaiono lo stesso stridenti a causa di alcuni intervalli al limite dell'impraticabilità. Comunque sia, lode al merito a Sajeva per aver effettuato un'accurata ricerca d'archivio ed aver disseppellito rarità musicali legate all'organo piemontese.


Mi pare molto importante, infine, segnalare che in tutte le registrazioni vi è una presa del suono del tutto naturale, così che il messaggio sonoro - anche se a volte un poco “grezzo” - non subisca alcuna alterazione (equalizzazione, compressione/espansione, eco artificiali) né in sede di registrazione né durante l’editing digitale. 


venerdì 6 marzo 2009

Vittorio Giola, L'organo Carrera a Nerviano



Si tratta della prima pubblicazione di organaria ad opera dell'editore Zecchini  - al quale auguriamo di cuore di occuparsi di nuovo e con frequenza del «re degli strumenti» - e si concentra sulla gloriosa tradizione organaria ottocentesca lombarda. Nella fattispecie sul restauro conservativo (Mascioni, 2007) dell'organo edificato nel 1875 dal legnanese Antonio De Simoni-Carrera (1826-1896) per la chiesa prepositurale di Santo Stefano in Nerviano (Mi).


L'autore, Vittorio Giola, divide il proprio lavoro in due parti: Storia e critica organologica; Conservazione. Dalla prima, veniamo informati circa l'esistenza di uno strumento precedente quello di Carrera, opera dell'organaro milanese Giuseppe Valli (1849), venduto nel 1877 alla chiesa di Graglio in Val Veddasca (Vr), tuttora esistente e suonabile. Il nuovo strumento di Carrera (1875) venne restaurato dal varesino Luigi Bernasconi nel 1901, in seguito “ripassato” dall'allievo Elia Gandini (anni '20-30 del Novecento) ed infine riformato nel 1948 dal milanese Felice Ondei. Dal 1968 sino al recente restauro di Mascioni rimase in stato di abbandono.


Il taglio del volume è volutamente divulgativo (seppur corredato da note a piè di pagina con riferimento ai documenti d'archivio e bibliografia), cioè non rispecchia tanto il rigore  musicologico, quanto tende a privilegiare la piacevole forma di un catalogo ricco di numerose foto a colori, corredato da un profilo storico assai accurato ed intelligibile al tempo stesso; da storico dell'arte. La parte più “tecnica” è certamente la seconda, in cui si trovano i criteri che hanno guidato il restauro dei Mascioni insieme ad accurati rilievi e misure varie. 



Vittorio Giola, Conservazione di beni culturali musicali - l'organo Carrera a Nerviano, Zecchini Editore, Varese 2008, pp. v+129, € 25,00. 

sabato 7 febbraio 2009

Preludio d'organo (febbraio 2009)



PRELUDIO D'ORGANO

IN SAN LUCA

Giuseppe Rotelli (1901)


7 febbraio 2009 ore 17, 30


PROGRAMMA



JOHANN SEBASTIAN BACH (1685-1750)



- Fantasia in la BWV 904


- Vater unser im Himmelreich BWV 737

- Fantasia in si BWV 563


- Herzlich tut mich verlangen BWV 727

- Erbam dich mein, o Herre Gott BWV 721


- Fantasia in Do BWV 570




***



Michele Bosio, organo

giovedì 5 febbraio 2009

Appunti per una storia della ricezione della musica organistica a Cremona nella prima metà del XX secolo: i concerti di Ulisse Matthey a Cremona (I)


Sono lieto di segnalare l'uscita del mio nuovo contributo dedicato ad Ulisse Matthey pubblicato a più puntate in traduzione francese di Guy Bovet,
questa è la prima




LA TRIBUNE DE L’ORGUE

61/1 MARS 2009

Revue Suisse Romande


Editorial

SUJETS

Aspect de la musique d’orgue symphonique française

Cherchez les Mixtures

Les concerts d’Ulisse Matthey à Crémone (I)

Le quart d’heure d’improvisation

PERSONNALITÉ

Augustin Gonvert

ORGUES NOUVELLES, RESTAURÉES…

Orgue spatialisé, …, le nouvel orgue de Jean Guillou à Rome

Orgues neuves, restaurées…

RÉCITS - VOYAGES

Les voyages de M. Philéas Fogg

ACTUALITÉ

Disques

Partitions

Livres

Divers

Courrier des lecteurs

Revue de presse

Cours, concours, congrès et académies

Calendrier des concerts

Communications de l’AOR

COUVERTURE

Le nouvel orgue de Bellelay.

martedì 27 gennaio 2009

«Il sonno della Ragione genera mostri»



In occasione della «Gionata della Memoria», consigliamo la lettura del seguente volume.



 
Il crepuscolo dei Wagner-Antisemitismo e nazismo storia pubblica e privata nei ricordi dell'ultimo dei Wagner a Bayreuth

Traduttore: Rossetti Wagner Teresina
Anno: 1997
Pagine 347 - 14x22 - Brossura
Editore: Il Saggiatore
Collana: Nuovi saggi


Chi si occupa di musica sicuramente avrà già avuto occasione di studiarlo, ma dal momento che non si tratta di un testo specialistico, bensì storico, consigliamo caldamente la lettura a chi voglia conoscere un lato dell'antisemitismo, prima, e del nazismo, poi, ancora oggi poco conosciuto, ma assai grave, raccontato dal discendente diretto di uno dei più grandi antisemiti del XIX° secolo: Richrad Wagner. 
Un grande musicista che con il suo straordinario linguaggio impresse alla storia della musica una radicale svolta, intervenendo sulle componenti essenziali di cui la musica vive (la forma, l'armonia, la melodia, la strumentazione), un autentico genio, le cui idee fortemente antisemite (coltivate dalla maggior parte dei tedeschi della sua epoca), hanno sostenuto e nutrito attivamente la “mistica” nazionalsocialista.

Nonostante a parole si possa essere crudeli sino all'inverosimile, penso che, se Richard Wagner si fosse trovato nel bel mezzo di una fucilazione di massa o tra le migliaia di corpi carbonizzati di uomini completamente inermi, il suo ideale di “purezza” si sarebbe tramutato in quanto di più sacrilego una mente malata sia in grado escogitare.

                                                                         Michele Bosio

sabato 17 gennaio 2009

Nuovo sito Fugatto-Recensioni on line 6


Vorrei segnalare il nuovo sito-web dell'etichetta FUGATTO, all'interno del quale si potranno leggere alcune mie recensioni pubblicate sulla rivista «Musica»:

giovedì 8 gennaio 2009

Johann Ernst Altenburg, Arte dei trombettisti e dei timpanisti


Le edizioni anastatiche di questo dettagliato trattato concernete sia argomenti di storia che di prassi esecutiva  riguardanti la tromba ed i timpani, stampato ad Halle nel 1795, sono ben sette (Dresden, 1911; Bilthoven 1966; Kassel, 1966; New York, 1966; Amsterdam, 1968; Leipzig, 1972 e 1933); mentre le traduzioni critiche sono solamente due: la prima del 1974, in lingua inglese, a cura di Edward H. Tarr (figura di riferimento del mondo degli ottoni storici) e la presente in italiano curata dall'allievo vicentino Tranquillo Forza (il quale ha studiato con Tarr presso la Schola Cantorum Basilensis), data alle stampe l'ottobre scorso presso Zecchini Editore.


L'importanza musicologica e musicale di questo testo è manifesta a cominciare dal titolo stampato in copertina «Tentativo di introduzione alla Arte eroico-musicale dei trombettisti e dei timpanisti, per una migliore assimilazione della medesima descritta dal punto di vista storico, teorico e pratico e spiegata con esempi». L'autore è Johann Ernst Altenburg (1734-1801), figlio d'arte (il padre Johann Caspar fu trombetta principale della Camerata Sassone e trombettista sia di corte che da campo a Weissenfels, e trasmise al figlio la propria professione), che studiò anche organo e composizione, tra gli altri, con Johann Christoph Altnikol, il genero di Johann Sebastian Bach; e che nel 1767 aveva già completato il manoscritto del suo trattato, ma dovette attendere  28 anni per la pubblicazione. L'ambizioso titolo non tradisce certo le aspettative del lettore, perché Altenburg riporta la storia della tromba così come era nota al suo tempo, ne traccia un percorso che prende le mosse dall'antichità e si sofferma sul XVIII secolo, in cui trombettisti e timpanisti erano raccolti in una stessa corporazione. Ci informa circa la funzione, lo status, le associazioni di categoria dei trombettisti.  Riporta lo stile esecutivo della musica barocca, inoltre fornisce brani originali dell'epoca di difficile reperibilità. Addirittura, come compendio ai precetti impartiti, ci regala  il suo Concerto a VII Clarini con Timpani (che si può ascoltare eseguito da Forza ed il Dittamondo Ensemble in un cd dal titolo Alio Modo pubblicato dall'etichetta Velut Luna).


Con acribia filologica il curatore arricchisce la sua traduzione con preziosi rimandi bibliografici ed illustrazioni d'epoca, molte delle quali provenienti dalla collezione di Edward H. Tarr. Naturalmente non manca un preciso indice analitico e non manca neppure un'utile appendice in cui viene spiegato il denaro ed il costo della vita al tempo di Altenburg. Onore al merito a Tranquillo Forza (docente di tromba naturale presso il Conservatorio di Musica di Vicenza), per aver ultimato con successo l'unica traduzione critica in lingua italiana di un trattato storico ora accessibile non solo ad una selezionata élite di strumentisti a fiato, ma anche ad un largo pubblico di musicisti, musicologi e musicofili interessati alla musica antica eseguita consapevolmente su strumenti originali.


Johann Ernst Altenburg, Arte dei trombettisti e dei timpanisti, a cura di Tranquillo P. Forza, Zecchini Editore, Varese 2007, pp. xxx+178, € 20,00. 

sabato 3 gennaio 2009

J. S. Bach «Il vecchio anno se ne è andato...» - Orgelbüchlein - BWV 614


Joh. Seb. Bach



Das alte Jahr vergangen ist,

wir danken dir Herr Jesu Christ,

dass du uns in so grosser G'fahr,

so gnädiglich behüt dies Jahr.



Il vecchio anno se ne è andato, 

noi ti ringraziamo Signore Gesù Cristo,

affinché misericordioso tu ci protegga,

quest'anno dalle avversità .




mercoledì 24 dicembre 2008

Buon Natale!!!

Il primo Natale di Eugenia Takako Bosio


PRELUDIO D'ORGANO

IN SAN LUCA


organo “Giuseppe Rotelli” (1901)

mercoledì 24 dicembre 23,30


Puer natus est


PROGRAMMA



César Franck (1822-1890) Verset pour le Kyrie de la Messe de Noël (da L’Organiste II)


Marcel Dupré (1886-1971) Wachet auf ruft uns die Stimme op. 28, n. LXXII


Jean Langlais (1907-1991) Noël Breton (da 8 Chants de Bretagne)


Marcel Dupré In dulci jubilo op. 28, n. XLI


Jeanne Demessieux (1921-1968) Rorate coeli op. 8, n. I


***


DOPO LA MESSA


César Franck Grand Choeur in Do (da L’Organiste II)





Michele Bosio,  organo

domenica 14 dicembre 2008

VINCENZO ANTONIO PETRALI «IL PRINCIPE DEGLI ORGANISTI ITALIANI»







Figlio d’arte, Vincenzo Antonio Petrali nacque a Crema il 22 gennaio 1830 (non del 1832, come erroneamente riportato in numerose voci biografiche). Dopo aver ricevuto i primi rudimenti musicali dal padre Giuliano, fu affidato alla sapiente guida di un altro grande musicista cremasco, Stefano Pavesi (1779-1850), che guidò il giovane attraverso il rigore e la disciplina del contrappunto e della composizione musicale. Entrò poi al Regio Conservatorio di Milano, dove poté perfezionarsi con Antonio Angeleri (1801-1880), docente di pianoforte dal 1826 al 1871, ed affinare le proprie cognizioni nell’arte della composizione con Placido Mandanici (1798-1852). Nel 1847 concluse il suo iter di studi accademici.

Petrali possedeva straordinarie doti musicali, tanto da poter passare con disinvoltura dal violino al violoncello, al contrabbasso, e conseguentemente poter accettare scritture teatrali per suonare in orchestra ciascuno di questi strumenti (anche l’assidua frequentazione con l’illustre cugino Giovanni Bottesini, più vecchio di lui di nove anni, dovette contribuire non poco alla formazione del giovane musicista). Non solo, riscosse ben presto successi sia come compositore, direttore di coro, orchestra e banda; ma il campo in cui eccelse sopra tutti fu quello dell’improvvisazione organistica. Persino un affermato ed acclamato compositore, come il cremonese Ruggero Manna (1808-1864), rimase davvero impressionato dalle improvvisazioni che il diciannovenne Vincenzo produsse all’organo della Cattedrale di Cremona nel 1849 in occasione del concorso di organista titolare della Cattedrale; concorso che in Nostro stravinse.


Nel panorama musicale italiano d’allora, dominato dalla musica di grandi operisti del calibro di Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini e Giuseppe Verdi, per poter farsi notare bisognava cimentarsi nel genere melodrammatico. Così che Vincenzo, poco più che ventenne, compose il suo primo melodramma Manfredi di Napoli, scritto per il Teatro Santa Radegonda in Milano. La censura austriaca proibì l’opera, il cui libretto era stato ricavato dall’omonimo romanzo del “mazziniano” Francesco Domenico Guerrazzi (1804-1873), ed «in un momento di sdegno del Maestro» lo spartito finì sul fuoco. Il successo arrivò con la sua seconda opera Giorgio di Bary, che andò in scena al Teatro Sociale di Bergamo durante il carnevale 1853-1854 (più precisamente la sera del 10 febbraio 1854), poi crebbe di popolarità passando per Crema, Brescia ed in altri teatri italiani.



Nel 1853, il Petrali era divenuto collaudatore ufficiale dei celebri organari Serassi, la cui fabbrica aveva sede a Bergamo nel palazzo Stampa, ma solamente nel 1868 egli si trasferì in quella città - che divenne la sua patria adottiva - ed ivi rimase sino al 1882.


A questo punto, pare indispensabile ricordare che i fratelli Serassi furono presenti a Castelleone con ben quattro strumenti: per la parrocchiale dei Santi Giacomo e Filippo (1797), per il Santuario della Beata Vergine della Misericordia (1836), e per le chiese di San Rocco (1788) e della Santissima Trinità (1792). Ed è proprio in questo Santuario che a tutt'oggi è sopravvissuto l'unico strumento dei Serassi edificato per Castelleone. La scelta di eseguire su questo strumento la Messa Solenne in Fa di Petrali, trova quindi una giustificazione storica del tutto pertinente.


La musica di stampo operistico trovava ampio spazio anche durante la celebrazione dei Sacri Riti - in chiesa - con le improvvisazioni organistiche del Nostro, le quali traevano linfa vitale dalle romanze, dai ballabili o dalle marce di un Giuseppe Verdi, piuttosto che di un Giacomo Meyerbeer. La maggior parte della sua produzione organistica, almeno sino agli anni Settanta dell’Ottocento, si spinse in questa direzione. La tipologia di strumenti costruiti dalla ditta Serassi di Bergamo trovò in Petrali un sorprendente mezzo di diffusione e promozione, così come la sua arte improvvisativa trovò la via del successo nel modello di organo serassiano. Strumento in cui accanto al classico Ripieno trovano posto numerosissimi strumenti da concerto (ad anima e ad ancia), nonché svariati effetti rumoristici e coloristici, come la Banda turca, il rollante, i timpani, i campanelli e le campane.


Ma, il Petrali seppe perfettamente destreggiarsi anche con altri rinomati organari italiani, quali Luigi Lingiardi di Pavia (che non sopportava il mutevole carattere di Petrali), Pacifico Inzoli di Crema; soprattutto Giacomo Locatelli, discepolo prediletto dei Serassi.


Ricordiamo che nella Parrocchiale di Castelleone prima dell'attuale organo edificato nel 1925 da Giovanni Tamburini di Crema, vi furono diversi strumenti. Dopo il già citato Serassi del 1797, Pacifico Inzoli di Crema compì un restauro nel 1868 - collaudato da Giulio Corbari straordinario musicista formatosi al Conservatorio di Milano, che operò a Castelleone e che morì prematuramente nel 1877, all'eta di 33 anni (artista dimenticato ed in attesa di essere riscoperto e studiato) - ma, nel 1875 Luigi Lingiardi costruì un grandioso organo-orchestra (un particolare tipo di strumento di sua invenzione) che il 25 ottobre venne collaudato proprio da Vincenzo Petrali e da Gaestano Zelioli organista del Santuario di Caravaggio.


Tra il 1856 ed il 1859, fu maestro di cappella del Duomo di Brescia ed in questo periodo compose anche la sua terza opera Anna di Valenza, che fu scritta per incarico dell’Impresa Rovaglia del Teatro Carcano di Milano, ma non venne mai rappresentata.

Tra il 1860 ed il 1872 fece ritorno al paese nativo, Crema, come maestro di cappella del Duomo e direttore della Banda cittadina; nel frattempo compose la sua quarta opera Maria de’ Griffi, che andò in scena nel 1864 al Teatro Riccardi di Bergamo.

Tra il 1872 ed il 1882, fu prima organista e poi maestro dell’insigne Cappella di Santa Maria Maggiore a Bergamo. Gli succedette Amilcare Ponchielli (1834-1886) che fu maestro di cappella dal 1882 al 1886, il quale rimase fortemente impressionato dall’arte improvvisativa del Maestro organista, lo definì: «grande e potente». Dal 1873, cominciò ad insegnare anche presso l’Istituto Musicale di Bergamo, ed in seguito ne divenne direttore.

Il 26 ottobre 1882 fu nominato docente di organo, armonia, pianoforte, contrappunto, composizione e strumentazione per banda presso il neonato Liceo Musicale Rossini di Pesaro, chiamato per chiara fama, dal direttore Carlo Pedrotti (1817-1893).

Il 24 novembre 1889, dopo breve malattia di natura epatica, il Nostro si spense prematuramente a Bergamo. Nonostante compose quattro opere, un oratorio (Debora, composto nel 1859 ed eseguito nel 1880), la musica per l’azione mimica l’Alloggio militare (composta nel 1878), quartetti per archi, sonate per violino e pianoforte, diversa musica per banda e molta musica sacra, egli sarà sempre ricordato come superbo ed ispirato improvvisatore all’organo.


La Chiesa che il Nostro aveva sempre servito arricchendo con grande musica la celebrazione dei sacri riti, purtroppo non gli rese i doverosi onori funebri, macchiandosi così di un gravissimo torto. Nel 1883 il Petrali, rimasto vedovo di Maria Ottolini di Crema, sposò in seconde nozze Carolina Cicognara di Bergamo con rito civile, poiché di religione protestante, ragion per cui alla sua morte i ministri del culto vietarono il funerale religioso ed impedirono la sua tumulazione nel cimitero di Bergamo accanto alle salme cristiane.





INTRODUZIONE ALLA MESSA SOLENNE IN FA MAGGIORE PER ORGANO SOLO DI VINCENZO ANTONIO PETRALI



All’incirca nell’ultimo ventennio del Diciannovesimo secolo si fece pressante il bisogno di una musica liturgica, non più di stampo romantico-melodrammatico, bensì d’autentica ispirazione sacra (canto gregoriano, polifonia classica). Incominciò ad attecchire in Italia la Riforma Ceciliana, che riformando la musica sacra riformò anche l’organo.

Poco alla volta gli strumenti con registri spezzati, pedaliera corta, ed effetti bandistici (come quelli realizzati dai Serassi e dai Lingiardi e collaudati dal Petrali) vennero sostituiti da organi dotati di almeno due tastiere, di pedaliera completa e di registri interi. Il Petrali seppe adattarsi ai tempi, tanto che nel 1886 fondò insieme a Giuseppe Arrigo (1838-1913) un mensile di musica religiosa intitolato «Arpa Sacra», pubblicato a Torino dagli editori Giudici e Strada, guardando così in favore del neonato Movimento Ceciliano.

La Messa Solenne in Fa maggiore venne pubblicata per l'appunto nel 1888 nella seconda annata di «Arpa Sacra», al contrario dell'altra Messa Solenne per organo, in Re maggiore, (pubblicata probabilmente intorno agli anni Cinquanta dell'Ottocento e più volte ristampata dall'editore Giovanni Martinenghi di Milano) - che costituisce un mirabile esempio di stile melodrammatico, in cui vengono sfruttate al massimo le potenzialità degli organi-banda, ricchi di molti registri da concerto ed effetti tipici dell'organico strumentale impiegato nella musica operistica di quel tempo - questa in Fa maggiore, invece, venne composta per organo a due tastiere con pedaliera di 27 note, in cui lo stile «legato» (severo, contrappuntistico) la fa da padrone.

Se volessimo cercare dei modelli a questa Messa, li troveremmo in compositori d'oltralpe classico-romantici, quali Haydn, Beethoven e Mendelssohn, piuttosto che in Donizetti o Bellini. Anche se l'adesione di Petrali ad uno stile più osservato, non gli impedì certo di liberare la sua copiosa vena melodica, tutta italiana. Un po' come successe all'ultimo Verdi, cioè quello dell'Otello e del Falstaff, che mettendosi in discussione rielaborò originalmente e genialmente modelli operistici d'oltralpe.

Nei Preludi, alla Messa e all'Epistola, troviamo un uso magistrale del contrappunto con episodi fugati dal carattere severo, mentre nell'Elevazione troviamo persino la rigida forma del canone. Ma, in alcuni versetti per il Gloria ritornano reminiscenze belcantistiche come ad esempio nel secondo versetto - un magnifico Andantino per flauto solista - , o nel quarto, in forma di breve romanza per clarinetto basso. Non mancano neppure veri e propri esempi sinfonici come la grande Sonata per l'Offertorio, oppure fedeli modelli bandistici come la Sonata finale, una energica marcia che sembra essere stata ridotta da un originale pezzo strumentato per banda.

Questa sera non ascolteremo tutta la Messa, bensì una selezione dei brani più caratteristici e che ben si adattano alla variegata tavolozza timbrica dell'organo del Santuario (purtroppo oggi non in ottima forma e bisognoso di un auspicabile intervento di straordinaria manutenzione, che lo riporti in condizioni ottimali), ascolteremo: Preludio alla Messa, Versetti per il Gloria (7, da eseguirsi in alternatim con il canto gregoriano, ma stasera presentati di fila), Elevazione e Sonata finale.


Ricordo, infine, che è in vendita la registrazione completa della Messa Solenne in Fa maggiore edita dalla casa discografica Bongiovanni di Bologna ed eseguita da Paolo Bottini all'organo Lingiardi (1865) della chiesa parrocchiale di Croce S. Spirito in Castelvetro Piacentino con gli interventi solistici del soprano Hiroko Miura.