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lunedì 11 agosto 2008

Memorie di grandi pianisti in concerto (3): Maurizio Pollini


Appena scoccate le 20 e 30, l'attesa dell'affollato uditorio del «Ponchielli»  - forte di molte presenze forestiere, attirate dalla “calamita” Maurizio Pollini - si è fatta ancora più palpabile. Ancora qualche minuto prima dell'ingresso del celebre pianista milanese, e poi, in un clima di raccoglimento principiano a dipanarsi le 11 Bagattelle op. 119 di Beethoven


Piccole improvvisazioni, pezzi caratteristici, di dimensioni ridotte, ma ricche di idee. Catullo chiamava i propri carmi nugae, bagattelle. Letteralmente inezie, naturalmente non per contenuto e stile, quanto per l'esiguità della forma. Così dobbiamo intendere le Bagattelle op. 119, come anche le tarde op. 126, ovvero come un campionario amplissimo di idee musicali, spunti motivici e tematici, imbrigliati in una composizione formalmente perfetta, ma di ridotta fattezza.


Questo piccolo ciclo beethoveniano è servito a Pollini come momento riflessivo da cui partire, per poi passare all'articolata e massiccia Grosse Sonate für das Hammerklavier op. 106. Il tocco di Pollini si è mostrato molto energico, alla ricerca di sonorità ruvide e grezze, ottenendo uniformità di suono ed esiguità di colori. Una lettura volutamente "pesante" di una delle opere pianistiche più complesse dal punto di vista della coerenza globale della forma musicale.


I 24 Préludes op. 28 di Chopin hanno proseguito e sigillato la serata in maniera simmetrica. Ovvero, l'esordio con le 11 miniature beethoveniane e la chiusa con un microcosmo di 24 pezzi di carattere, ognuno diverso per stile ed idea. Un vero “cavallo di battaglia” di Maurizio Pollini.

I Preludi sono scorsi senza soluzione di continuità, uno dopo l'altro, l'enorme (forse eccessivo) controllo emotivo di Pollini non ha regalato momenti di abbandono al pathos

La lettura analitica, cifra caratteristica del suo pianismo, ha comunque straordinariamente colpito il pubblico. Tra standing ovation ed applausi interminabili la generosità di Maurizio Pollini è trasparsa dai tre bis chopiniani  - forse il momento più alto dell'intero concerto - lo Studio op. 10 n. 12, infuocato ed intenso, ha ceduto il passo alle trame di cristallo del Notturno op. 9 n. 1.  Impeccabile lo Scherzo op. 39 n. 3, conclusivo della pregevole serata.

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