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martedì 28 luglio 2009

Appunti per una storia della ricezione della musica organistica a Cremona nella prima metà del XX secolo: i concerti di Ulisse Matthey a Cremona (II)


Ulisse Matthey (1876-1947)


Sono lieto di segnalare il seguito del mio nuovo contributo dedicato ad Ulisse Matthey pubblicato in traduzione francese di Guy Bovet




LA TRIBUNE DE L’ORGUE

61/2 JUIN 2009

Revue Suisse Romande


Editorial

SUJETS

Les concerts d’Ulisse Matthey à Crémone (II)

Le quart d’heure d’improvisation

Services divers, quelques armes pour les organistes

A propos des volets de l’orgue de Valère

DELICES ET ORGUES

L’hôtel de commune de Dombresson

ORGUES NOUVELLES, RESTAURÉES…

Orgue spatialisé, …, le nouvel orgue de Jean Guillou à Rome

Orgues neuves, restaurées…

RÉCITS - VOYAGES

Les voyages de M. Philéas Fogg

Mark Twain : Ascension en télescope

ACTUALITÉ

Disques

Partitions

Divers

Revue de presse

Cours, concours, congrès et académies

Calendrier des concerts

Communications de l’AOR

COUVERTURE

Le nouvel orgue de Bellelay.

martedì 21 luglio 2009

PUCCINI, THE ORGANIST, Liuwe Tamminga on the organs of S. Pietro Somaldi (Lucca) and Farneta; CD Passacaille 952.



Si sa che in tenera età Giacomo Puccini (1858-1924) ebbe modo di ascoltare il suono dell'organo in alcune delle numerose chiese lucchesi - innanzitutto in Duomo dove il padre Michele (1813-1864) era impiegato come organista titolare - e che in gioventù egli stesso si produsse nel servizio liturgico presso le chiese di San Paolino, San Michele, Santa Maria dei Servi, San Pietro Somaldi e all'Oratorio di San Girolamo (sempre a Lucca); nonché, in prossimità del capoluogo di provincia, nelle chiese di Mutigliano e Farneta. Purtroppo, però, nessuna pagina organistica è giunta sino a noi, alcuni manoscritti originali vennero battuti all'asta a Londra nel 1988, ma da allora sono spariti dalla circolazione [1]. 


Si avrebbe la tentazione di dire: «poco male!», poiché il maestro olandese Liuwe Tamminga [2] ha oculatamente approntato una serie di trascrizioni, sarebbe meglio definirli «adattamenti», all'organo di alcune pagine pucciniane destinate in origine al pianoforte, al quartetto d'archi, all'orchestra e alle diverse voci. Nel ricco CD, registrato nel settembre del 2008 per l'etichetta belga Passacaille, troviamo quindi: alcune Fughe (1882-1883), i Tre minuetti (1884), l'elegia Crisantemi (1890) tutti quanti destinati al quartetto d'archi, l'Adagetto per orchestra (ca. 1881); ma anche i brani pianistici Adagio (1881), Piccolo valzer (1894), Scossa elettrica (ca. 1896) e Calmo e molto lento (1916). Poi vi sono i brani per canto e piano, come Solfeggio (1893) e Inno a Roma (1919); per canto e organo, come Salve regina (ca. 1882). E, naturalmente, brani prettamente operistici come il «Te Deum» da Tosca (1900), «O mio babbino caro» da Gianni Schicci (1918); oltre a due interessantissime trascrizioni d'epoca: il pot-pourri pianistico da Madama Butterfly (1904), opera di Bernhard Feyer (1908) e Corazzata Sicilia, ovvero un adattamento pianistico (Carmelo Bizzozero) di una versione-pastiche per fanfara (Pio Carlo Nevi, 1897) di alcuni motivi da La Bohème (1896).


Tutto questo potrebbe bastare non solo per destare l'interesse dei cosiddetti “musicofili”, ma anche degli “addetti ai lavori”, si aggiunga a ciò anche uno straordinario contributo organologico. Infatti, l'intero ed articolato programma - della durata di circa 80 minuti - è stato eseguito sopra due storici strumenti ai quali il giovane Puccini sedette più volte nel corso del suo apprendistato lucchese, figlio di una lunga ed ininterrotta - almeno sino a lui - tradizione familiare di organisti e maestri di cappella. Mi riferisco nella fattispecie agli organi della chiesa lucchese di San Pietro Somaldi (costruito da Domenico Cacioli nel 1687 ed ampliato da Paolino Bertolucci nel 1854, da Pietro Paoli nel 1877 e da Filippo Tronci nel 1903) e della chiesa di San Lorenzo a Farneta (edificato nel 1850, ad opera della ditta Odoardo Landucci e figli di Viareggio).


Durante una recente intervista, Tamminga ha avuto modo di raccontarci il suo “battesimo” con la musica di Puccini; viveva a Parigi quando assistette a un allestimento de La Bohème. Ne rimase folgorato, al punto tale da dedicarsi allo studio del suo linguaggio musicale, cercando anche nel corso degli anni di trovare un collegamento fra il mondo sonoro pucciniano e l'organo toscano di fine Ottocento. Possiamo dire che, proprio in occasione del 150° anniversario della nascita del «Doge» [3], l'abbia finalmente trovato. 

Grazie al valido ed esperto aiuto dell'organaro Glauco Ghilardi, l'organista olandese ha potuto accedere a degli strumenti - per usare un eufemismo - non particolarmente efficienti, ma di assoluta rilevanza storica, come dicevo, “toccati” in gioventù da Puccini stesso. Da tempo si  sapeva circa l'esistenza della scritta autografa «Giacomo Puccini» [senza data], apposta sull'organo di San Pietro Somaldi; ma durante i lavori di pulitura dell'organo di San Lorenzo a Farneta se n'è scoperta un'altra, questa volta con accanto la data, 1879. Tale ritrovamento  riveste quindi una notevole importanza, poiché estende ulteriormente il raggio d'azione di Puccini come organista, e non sarebbe emerso se non in fase di un ipotetico restauro.


Nonostante le non ottimali condizioni, sotto le abili dita dell'interprete i pregevoli strumenti “cantano” con l'espressività ed il respiro d'un cantante lirico, in virtù anche di un suono improntato al legato assoluto di stampo vocale. La perfetta consonanza di pagine operistiche o cameristiche con l'organo a canne lascia davvero esterrefatti; alcuni brani, quali Scossa elettrica, Inno a Roma e Corazzata Sicilia rendono molto bene all'organo italiano ottocentesco, con i suoi effetti di banda come la Grancassa, il tamburo ed i campanelli. 


Ma Tamminga non ha esitato ad aggiungere altri colori, forniti da strumenti a percussione autonomi (avvalendosi della collaborazione dei maestri Valentino Marrè e Mirko Natalizi), quali i piatti, il triangolo, il tamburo militare, i campanelli a tastiera, il tam-tam giapponese, le campane, la campanella, il tamburello basco; prescritti peraltro da Puccini stesso.


In sostanza un prodotto davvero molto ben confezionato ed improntato al rigore verso il reperimento delle fonti e la prassi esecutiva storica, così come le assai note e numerose produzioni del maestro olandese - il cui nome è di solito associato alla musica italiana cinque-seicentesca - ma che “sconfinando” non ha certo tradito il suo consueto modus operandi.


Il dettagliato libretto reca le disposizioni foniche degli strumenti, le registrazioni utilizzate, l'elenco delle fonti utilizzate e le note sono firmate da Gabriella Biagi Ravenni (presidente della «Fondazione Puccini» e del «Centro Studi Giacomo Puccini» di Lucca). Il disco è stato realizzato con il patrocinio dell'«Associazione Domenico di Lorenzo» (direttore artistico, Gianpaolo Prina), della «Fondazione Puccini» e del «Centro Studi Giacomo Puccini». 


____________________



[1] Il gruppo più rilevante di lavori espressamente organistici sembrano essere quelli composti da Giacomo Puccini nei quattro anni in cui ebbe un allievo, tale Carlo Della Nina. I manoscritti, descritti a suo tempo da Alfredo Bonaccorsi, sono transitati qualche anno fa sul mercato antiquario, e poi di nuovo scomparsi.


[2] Olandese, ma italiano d'adozione, l'organista e clavicembalista Liuwe Tamminga vive a Bologna ed è organista presso la Basilica di San Petronio insieme con Luigi Ferdinando Tagliavini, dove suona i due magnifici strumenti di Lorenzo da Prato (1471-75) e Baldassarre Malamini. Per ulteriori informazioni si veda il sito web  http://www.liuwetamminga.it/.


[3] Giulio Ricordi aveva affibbiato il soprannome di «Doge» a Giacomo Puccini, ad indicare il predominio che egli esercitava all'interno del gruppo di lavoro con i librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa.

domenica 12 luglio 2009

Dal catalogo TACTUS consigliamo (II)





Punta di diamante del catalogo organistico TACTUS è Andrea Macinanti e questa sua ultima fatica non ha tradito le nostre aspettative. Anzi, ci ha deliziato nuovamente con un programma quasi del tutto inedito, costellato da autori bolognesi  - o che sono passati per le istituzioni musicali di Bologna - attivi tra il Diciannovesimo ed il Ventunesimo secolo (per molti dei quali Macinanti ha pure curato l'edizione per Carrara di Bergamo). 


Eccettuata la Toccata brillante di concerto di Ferruccio Parisini (1876-1923), ed il  meraviglioso brano che chiude il programma antologico, la Passacaglia su un tema di Hindemith (Quartetto in Do op. 16) di Luigi Ferdinando Tagliavini (1929), il resto delle composizioni rientra nella categoria dei brani «liturgici» (per la Messa o l'Ufficio); provenienti più o meno dal Cecilianesimo italiano (di cui abbiamo avuto modo di parlarne più volte su queste colonne). Si tratta di pezzi che durano in media tra i tre ed i cinque minuti - assecondando i tempi della liturgia - ma di fattura pregevole come i Quattro pezzi sacri di Adolfo Gandino (1878-1940) o la Comunione/Meditazione dell'indimenticabile Ireneo Fuser (1902-2003). 


Macinanti ha scelto uno strumento storicamente importante, naturalmente di scuola bolognese, l'Adriano Verati presentato nel 1888 all'Esposizione Internazionale di Musica di Bologna - suonato anche dal celeberrimo Vincenzo Antonio Petrali (1830-1889), che predilesse però il Pacifico Inzoli di Crema - e tutt'oggi custodito presso la chiesa di S. Michele Arcangelo ad Argelato (recentemente restaurato da Pietro Corna). 


Il risultato di questa operazione è davvero sorprendente: sia per il colore fonico assegnato con perizia a ciascun brano, sia per la musicalità sempre stillante, sia per la riscoperta di un repertorio e di uno strumento a torto obliati o, peggio ancora, declassati.