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sabato 15 novembre 2008

«Il Clavicembalo nel '700 della Serenissima Repubblica di Venezia»



Protagonista assoluto è il clavicembalista bresciano Michele Barchi che mediante i suoi strumenti (è proprio il caso di dirlo, perché oltre a suonarli, li ha pure costruiti) svela le connessioni musicali tra la sua città, la «Leonessa», e  la «Serenissima».

Il compositore salodiano Ferdinando Giuseppe Bertoni (1725-1813), fu allievo di Giovanni Battista Martini, divenne in seguito primo organista della Basilica di S. Marco a Venezia, direttore dell'Accademia filarmonica di Bologna, ed entrò in contatto diretto con il giovane Mozart e Johann Christian Bach. A Venezia ebbe molti allievi, tra i cui il nipote Ferdinando Gasparo Turrini (1745-1812/1829) e Giovanni Battista Grazioli (1746-1828), - anch'essi nati sulle rive del Garda - quest'ultimo, poi, divenne suo successore come organista della Basilica Marciana, quando il Maestro passò alla direzione della Cappella musicale.

Barchi propone ben sette composizioni dei sopraccitati compositori bresciani (2 Sonate del Bertoni e del Turrini e 3 del Grazioli), tutte Sonate dal chiaro idioma Galante, ampiamente proiettato verso il Classicismo, in perfetto «stile veneziano». Uno stile che ha avuto precedenti illustri in figure come Giovanni Benedetto Platti (1700-1762); Giovanni Battista Pescetti (1704-1766) Baldassare Galuppi (1706-1785), entrambi allievi di Antonio Lotti (1667-1740) ed apprezzati da Benedetto Marcello (1686-1739) ed impiegati a  S. Marco a Venezia (il primo come organista il secondo come maestro di Cappella).

Ed anche di questi autori Barchi propone una Sonata per ciascuno, ma non è finita qua, poteva mancare Vivaldi? Naturalmente no, e compare con il terzo Concerto da L'estro armonico nella trascrizione per tastiera di Johann Sebastian Bach (BWV978); non dimentichiamo poi che il padre di Antonio, Giovanni Battista Vivaldi, era di origini bresciane! Ed anche Benedetto Marcello passò gli ultimi anni della sua vita a Brescia.

Nella splendida cornice di Villa Bettoni a Bogliaco di Gargnano (Bs), Federico Savio ambienta il suo film, in cui accanto a preziosi dettagli pittorici degli strumenti a pizzico e della Villa, trovano posto raffinate e crepuscolari inquadrature paesaggistiche. 

Gli strumenti suonati in maniera molto precisa, pulita e brillante, con un controllo esemplare del tocco, sono tre: un clavicembalo italiano a due manuali (Michele Barchi, Ghedi, 1985); un clavicembalo italiano a un manuale (Michele Barchi, Emilio Lorenzoni, Corvine di Gambara, 1984) con la meccanica regolata in modo da rendere possibile in parte l'azione del tocco sulla dinamica sfruttando la maggiore distanza di movimento di pizzico del registro secondario; ed una spinetta italiana rettangolare (Michele Barchi, Ghedi, 1984).

Qualità video ed audio eccezionali ed un bonus in cui il Barchi presenta la possibilità di ottenere la dinamica sopra un particolare tipo di cembalo, copia di Gerolamo Zenti, riportato in un Inventario Mediceo del 1700. Libretto e sottotitoli in quattro lingue (italiano, inglese, francese e tedesco).

Un prodotto che davvero mancava nel panorama video-discografico legato al cembalo: non solamente i Bach, i Couperin o Frescobaldi, ma anche i cosiddetti «compositori minori», possono far risaltare le particolari sonorità di uno strumento, che come l'organo, non si è mai standardizzato (cambiando nella cronologia temporale non solo da nazione a nazione, ma anche da regione a regione), assecondando un repertorio assai variegato. 

mercoledì 12 novembre 2008

Video organistici (2)


Si tratta di un eccezionale documento di fondamentale importanza storica. Non solamente per la storia della musica per organo in senso stretto, ma per la storia della musica occidentale. Poiché, Marcel Dupré (1886-1971) fu un artista che con il suo operato non solo rivoluzionò la tecnica per organo del Novecento (fu allievo di Guilmant, Widor e Vierne, e fu a stretto contatto con personalità del calibro di Fauré e Saint-Saëns; solo per citarne alcuni), ma lasciò un'indelebile impronta nella musica del secolo scorso (nel 1914 vinse il Prix de Rome); basti pensare che tra i suoi innumerevoli allievi compare anche Olivier Messiaen (di cui quest'anno ricorre il 100° anniversario della nascita).

Il nome di Dupré è ricordato soprattutto per due aspetti intrinsecamente collegati: l'interpretazione delle opere di Bach e la sua rigorosa scuola di improvvisazione organistica. Nel 1920, infatti, fu il primo organista nella storia della musica ad eseguire in concerto, presso il Conservatorio di Parigi, l’opera integrale per organo di Bach. Egli faceva derivare il suo metodo da Charles-Marie Widor (1844-1937), che a sua volta lo ereditò da Nicolas-Jacques Lemmens (1823-1881), il quale fu depositario del verbo bachiano in virtù degli insegnamenti ricevuti «di prima mano» da Adolf Hesse (1809-1863) ed alla conoscenza degli studi musicologici di Johann Nikolaus Forkel (1749-1818).  Fondamentale precetto della scuola di Dupré era quello della totale uguaglianza tra la composizione di un brano e l'improvvisazione estemporanea di esso. Ovviamente per essere in grado di  improvvisare fughe  in stile severo (anche a 6 voci, come spesso egli faceva), bisognava avere una perfetta padronanza sia della tecnica organistica, sia della composizione musicale, oltre ad una lucidità impressionante . 

Un giorno il grande musicologo ed organista Luigi Ferdinando Tagliavini (anch'egli, durante gli anni cinquanta, allievo di Dupré) mi disse che dal suo antico Maestro aveva imparato soprattutto il significato della parola «rigore». Ebbene, ho capito che cosa egli intendesse veramente, solamente dopo l'attenta visione di questi filmati in cui Duprè suona, soprattutto improvvisa, in tre periodi differenti (nel 1955, nel 1965 e nel 1967) della sua lunghissima carriera al grandioso organo di cui fu  titolare (Cavaillé-Coll, 1863, della chiesa parigina di Saint-Sulpice) ed al suo organo presso la sua villa di Meudon (entrambi un tempo appartenuti al suo maestro Guilmant). 

Nel filmato risalente al 1955, Dupré suona il corale Wachet auf di Bach, poi un proprio corale In dulci Jubilo (anche se non perfettamente uguale a quello pubblicato nell'op. 28), il finale dal I° Concento per organo di Händel ed improvvisa sopra un canto natalizio della Bretagna. L'aspetto che  più colpisce di Dupré, a parte la perfetta tenuta ritmica ed il fraseggio impeccabile (purtroppo la sua tecnica trascendentale impareggiabile, incominciava in quegli anni a venire ostacolata dall'artrite deformante), è la totale assenza di scarto tra i brani d'autore e l'improvvisazione (imbrigliata in una struttura formalmente perfetta dall'afflato sinfonico - tema e variazioni con fuga finale - ed una tenuta ritmica metronomica). Ma, le improvvisazioni che lasciano letteralmente a bocca aperta sono: una doppia Fuga a 4 voci su Regina Coeli (1965), un Preludio e  doppia Fuga  a 4 voci su un tema di André Fleury (in stile severo) ed un Poema sinfonico sul dipinto di Delacroix Il combattimento di Giacobbe con l'Angelo custodito in Saint-Sulpice (1969). In virtuosismo trascendentale che aveva accompagnato gli anni giovanili di Dupré, facendolo conoscere in tutto il mondo (soprattutto grazie alla pubblicazione dei Trois Préludes et Fugues op. 36), nella maturità lascia il posto ad un altro tipo di virtuosismo, che potremmo definire cerebrale. Nell'improvvisazione senile ascoltiamo soprattutto il compositore, l'autore, oltre all'organista. La perfetta padronanza dell'arte musicale e l'assoluto controllo tra creazione ed esecuzione estemporanea sono il frutto di un lavoro quotidiano iniziato da bambino e mai interrotto, che alla bellezza di 80 anni, in virtù anche di una straordinaria lucidità, ritraggono un artista a tutto tondo figlio della migliore tradizione romantica (purtroppo oggi non più esistente).

Il DVD è reperibile solo ordinandolo presso l'Association des Amis de l'Art de Marcel Dupré di Parigi (http://www.marceldupre.com/).

domenica 2 novembre 2008

Video organistici (1)


Vedendo ed ascoltando il dvd di Enrico Viccardi si ha subito la percezione della perfetta sintonia tra artista e regista. Il modo di suonare di Viccardi rivela una straordinaria maturità espressiva, assolutamente evidenziata dalle riprese di Federico Savio. Si avverte una tensione palpabile che scaturisce sin dal primo accordo della granitica Fantasia e Fuga in sol BWV 542 e che man mano cresce, attraverso la vorticosa Triosonata n. 2 in do BWV 526, sino a raggiungere l’apice del pathos (anche grazie alla quasi totale assenza di tagli in fase di montaggio) nel severo Preludio e Fuga in mi BWV 548, che Spitta romanticamente definiva come «una sinfonia in due movimenti». 


Il presente dvd non solo riveste un alto rilievo dal punto di vista estetico, ma soprattutto dal punto di vista didattico. Naturalmente per la scelta degli strumenti (due organi, uno grande  - «Mathis» della chiesa abbaziale di Muri-Gries, Bolzano - per l’esecuzione e uno piccolo - «Mascioni» della chiesa di S. Abbondio in Cremona - per la presentazione, entrambi «alla tedesca», ma che si trovano o sono stati costruiti in Italia); per l’eccezionale perizia di tocco funzionale ad un fraseggio impeccabile parimenti scaturiti da una musicalità tutta italiana, quella di Enrico Viccardi, ma che ha «sciacquato i panni» alla fonte del grande mentore Michael Radulescu (il tutto ricalcato puntualmente dalla analitica regia di Savio). 

Infine, per gli esempi musicali espletati dall’interprete prima dell’esecuzione dei brani, così  da «prendere per mano» l’ascoltatore e guidarlo attraverso i simboli, le proporzioni e le forme dell’universalità musicale di Johann Sebastian Bach.